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Siracusa. Dizionario sentimentale di una città


di Brunella Bonaccorsi, (Sicilia&Donna, 2 luglio 2014)


– Siracusa. Dizionario sentimentale di una città, prima ebook, tra i primi indicati in Amazon e da Giugno in cartaceo (a Siracusa è già un bestseller) nasce dall’incontro tra una casa editrice tutta al femminile ed un’autrice siracusana.

Siracusa. Dizionario sentimentale di una città, prima ebook, tra i primi indicati in Amazon e da Giugno in cartaceo (a Siracusa è già un bestseller) nasce dall’incontro tra una casa editrice tutta al femminile ed un’autrice siracusana.

VandA si presenta così “VandA. Non è una bambola, non è un pesce e neanche un’operazione della Cia… è una casa editrice digitale, indipendente, che opera a livello globale secondo una logica di condivisione e complicità.” Anche la data di fondazione non è casuale: VandA.ePublishing è stata fondata a Milano l’8 marzo 2013 da tre professioniste del campo editoriale. Vicki Satlow, presidente della omonima Agenzia Letteraria, che ad oggi rappresenta più di 50 autori di tutto il mondo, Angela Di Luciano, per 13 anni Senior Editor della Divisione Libri di Economia e Management del Gruppo 24 ore e che ha introdotto in Italia gli studi sulla Womenomics e Silvia Brena, scrittrice ed editorialista, nonché docente di Teorie e Tecniche di Comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano. Insomma un trio esplosivo, che ha deciso di puntare su un libro splendido, apprezzato anche da grossi editori ma che il mercato editoriale oggi vede complicato da “collocare” come genere e come vendita.

Giuseppina Norcia ci spiega: “La natura ibrida del libro, tra memoire, guida e romanzo può essere per un editore un punto di debolezza oppure un punto di forza. VandA.ePublishing e Angela hanno creduto nella sua particolarità e spero che andremo lontano”. Un libro rivolto ai viaggiatori ma anche agli abitanti della città di Siracusa, perché continua Giuseppina “Viaggiare è un fatto mentale, è lo sguardo con cui ti muovi, anche se per un Siracusano il libro mette in gioco il rapporto con le proprie radici. Questo libro ha avuto una lunga gestazione, che si è nutrita di passeggiate tra le strade di Siracusa, di silenzi, di letture, di ascolto, ma soprattutto dello sguardo su Siracusa che mi hanno restituito delle persone straniere. A distanza, quando mi trovavo negli Stati Uniti, amici americani che conoscevano la città mi hanno ridonato occhi sognanti su di essa.”

Il libro ha una curiosa struttura, va per ordine alfabetico, come un dizionario, ma mescola emozioni e narrazione storica, come mai?

“È vero ho scelto la struttura semplice del dizionario per poter collocare in modo irregolare storie, luoghi e personaggi. A me colpisce della Storiografia antica la presenza dei dialoghi, in Tucidide, in Erodoto. La questione è: come raccontare un fatto storico senza renderlo algido? Perché bisogna dare conto del fatto che la vita irrompe sempre. L’oggettività è un’illusione. Resto una classicista nel bisogno di dare una architettura alle cose, ma ho voluto unire ragione e sentimento, fare entrare l’irrazionale per poter disciplinare l’emozione. Ho preferito un’ottica soggettiva, guardando la città dal punto di vista dei personaggi, che l’hanno attraversata, e Siracusa in questo ha tratti di universalità,  e dal punto di vista delle emozioni che sono rimaste impigliate nei luoghi, le vicende avvenute, le intenzioni…”

 Il libro rende bene l’esperienza di chi osserva Siracusa nelle sue stratificazioni continue e simultanee

“La simultaneità è parte del genius loci. Quando cammini tra queste vie e mentre osservi un tempio dorico incroci una scala catalana e subito dopo un archetto medievale da cui puoi intravedere il mercato del pesce: percepisci in simultanea diverse epoche. Se le scomponi è un artificio. Siracusa è un palinsesto, per questo ho scelto di raccontarla mescolando i periodi storici, i luoghi, i sentimenti”

C’è anche una percezione non lineare del tempo che caratterizza il libro

“Si, il tempo ciclico è anche un modo di narrare, da Sherazade a Borges, in cui siamo tutti seduti in cerchio e ciascuno narra un pezzo della storia, senza la pretesa che sia tutta la storia. Il libro vorrebbe offrire anche uno slancio al lettore per continuare a narrare, a incantarsi di questa città. Questo è il mio desiderio per questo libro.


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Chiara Aurora Giunta: «La mia Maria, simbolo delle siciliane che non si arrendono»


di Danila Giaquinta (SiciliaInRosa, 2 luglio 2014)


– Genere, commedia. Ambientazione, anni Sessanta. Location, Catania. Trama: una donna del popolo si ritrova senza marito e con cinque figli a carico. Non è un film ma un romanzo.

Genere, commedia. Ambientazione, anni Sessanta. Location, Catania. Trama: una donna del popolo si ritrova senza marito e con cinque figli a carico. Non è un film ma un romanzo. Maria Recupero della Pescheria è l’ebook della scrittrice catanese Chiara Aurora Giunta edito da VandA. epublishing e pronto per il carrello da qualche mese.

Dopo una lunga carriera cartacea fatta di racconti e saggi per ragazzi e una serie di romanzi rosa, che hanno in comune un’impostazione storica, l’autrice approda al digitale. «Nella crisi dell’editoria è una proiezione nel futuro. Mi piace sperimentare – racconta divertita – ho fiducia nell’avventura intrapresa con Vicki Satlow, la siracusana Angela Di Luciano e Silvia Brena, le tre signore che stanno dietro questa casa editrice che pubblica on line».

Tutto ha inizio negli anni del boom, quelli in cui le case cominciano a riempirsi di frigoriferi e lavatrici e le donne ad avere più tempo libero anche per riflettere. Anni in cui, mentre circolano le Topolino e si formano le prime file ai caselli, tanti nodi vengono al pettine. In primo piano ci sono una donna e Catania, sullo sfondo la società italiana e la potenza del sesso debole.

«Attraverso il suo personaggio e in chiave comica – spiega l’autrice – racconto i problemi delle famiglie prima delle leggi sull’aborto e sul divorzio. Lei è molto forte e molto siciliana: è pratica, passionale e, in un modo o in un altro, se la cava. Descrivo la città e il Paese, come si viveva. La tv non era per tutti, c’erano i primi 45 giri e il mangiadischi. Si cominciava a parlare di sesso. Non è detto che Maria sapesse cosa fosse pur avendo fatto cinque bambini. E nella contrapposizione con le figlie si coglie come la società pian piano stesse cambiando».

Il marito emigra, non dà più notizie né manda soldi e lei si trova a giocare quel doppio ruolo che le donne conoscono da anni: portano il pane a casa e si prendono cura della famiglia. Maria si mette a vendere pesce con lo zio che ha un bancone alla pescheria. Il tutto con un testo in italiano spruzzato di dialetto. «Nei dialoghi il verbo è alla fine e li ho scritti come se sentissi parlare – continua la Giunta –. Una provocazione, quella di inserirla in un mondo di uomini. Volevo ribaltare la visione del maschio che decide e lo stereotipo della siciliana sottomessa. Vivo a Milano da 40 anni e all’inizio spesso mi chiedevano: “ma è vero che vi vestite ancora col velo?”. Il motore delle famiglie erano le donne e nella protagonista ci sono tante di quelle forti che ho conosciuto, come mia nonna: se n’è andata a 105 anni, era già separata prima della Seconda Guerra Mondiale e la chiamavano ‘la leonessa’».

Quando ci si tuffa nel passato, viene da chiedersi se qualcosa è cambiato. In quale Catania vivrebbe oggi Maria? Farebbe la pescivendola? E le donne, come se la passano? «La società è cambiata con la riforma del diritto di famiglia – conclude la scrittrice -. Le siciliane hanno sviluppato quello che era dentro di loro raggiungendo gli obiettivi mancati da mamme e nonne. Credono di avere di più ma hanno perso altro. C’è chi, per lavoro o carriera, deve rinunciare alla maternità o la rimanda fino a che la natura ha fatto il suo corso. Insomma, qualcosa si rincorre sempre. Oggi Maria non aspetterebbe il marito, non farebbe tanti figli. Il nuovo compagno non resterebbe sullo sfondo e una delle figlie che ha un’inclinazione omosessuale, che neppure riesce a cogliere, porterebbe la compagna a casa. Insomma, la protagonista avrebbe altri problemi ma resterebbe quella passionalità tipica delle siciliane. Catania è diversa fisicamente, si è allargata e vive anche di notte.

Allora la vita era concentrata nel centro storico e di sera le strade erano poco illuminate e vuote.

Molti gli edifici in stato di abbandono, i palazzi sventrati dalle bombe. In quegli anni parte la speculazione edilizia e l’idea che fosse bello solo il nuovo. Non c’era come adesso la cultura della conservazione e del restauro».