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“Nonostante il velo”, donne in Arabia Saudita: il reportage


(Corriere del Trentino, 23 febbraio 2019)


– La giornalista Michela Fontana e l’inchiesta sulle differenze e le trasformazioni in atto nei paesi islamici, tra rivendicazioni e integralismi

«Sarà capace il futuro re di cambiare la profonda cultura paternalista fino ad abolire totalmente la segregazione di genere e la figura del guardiano (padre, marito, fratello, figlio maschio), che ha ancora sulle donne potere assoluto, rendendole eterne minorenni, e impedisce loro di viaggiare senza la sua autorizzazione, di ottenere la custodia dei figli dopo il divorzio, di sposarsi con uno straniero?». Interrogativi come questo sono al centro di Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita (Morellini editore con Vansa.ePublishing, 2018) il libro-inchiesta attraverso cui la giornalista Michela Fontana dà voce a diverse donne da lei incontrate nel corso di un soggiorno di due anni a Riad, in Arabia Saudita. Con la sua testimonianza, Fontana permette di conoscere dall’interno il cuore del più integralista paese islamico. Un paese in via di trasformazione con l’affermazione sulla scena politica del nuovo uomo forte del regno, l’erede al trono Mohammed Bin Salman, che ha intrapreso un significativo percorso di riforme sociali, alcune delle quali riguardanti proprio il mondo femminile. L’autrice dialoga su questi temi con la giornalista Luciana Grillo martedì (26) alle 18 alla Mondadori store di Trento, in via San Pietro 19. L’introduzione del volume conduce nello sfaccettato universo femminile dell’Arabia Saudita, che con l’imposizione del «colore nero» si cerca di spegnere, di uniformare: il nero è quello dell’abaya, un leggero soprabito che copre il corpo fino ai piedi, con il velo abbinato, l’hijab. Una «divisa» che due ragazze saudite, salite sull’aereo in jeans e magliette colorate, i lunghi capelli sciolti sulle spalle, si preparano a indossare al momento del ritorno nel loro paese. «Erano divenute sagome informi e irriconoscibili, come tutte le altre donne che avrei incrociato per le strade del paese. Nero e ancora nero, un colore a cui avrei dovuto abituarmi e che avrei finito per detestare, fino a decidere di non indossarlo più quando sarei stata libera di scegliere», osserva Fontana. Attraverso le interviste ma anche le esperienze vissute in prima persona, l’autrice analizza più aspetti della società, femminile e maschile, dell’Arabia Saudita. «Parlare con le saudite che ho conosciuto mi ha stimolato a ripensare al ruolo femminile, a indagare come e quanto l’educazione possa plasmare le persone», afferma. ha fatto grande sensazione nel mondo, ad esempio, la notizia che, da giugno 2018 le donne saudite possano finalmente guidare un’auto: «La rimozione del bando è solo una delle timide ma importanti aperture. Dietro la rigida cortina che separa le donne dal resto della società, sono proprio loro a cercare di esprimere le più forti istanze di rinnovamento».


 

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Commento di Michela Fontana alla situazione femminile in Arabia Saudita


di Michela Fontana (gennaio 2018)


Nonostante il velo (Morellini – VandA.ePublishing 2018)

Cosa succede alla “questione femminile” in Arabia Saudita? Paradossalmente le riforme messe in atto dal principe ereditario Muhammed bin Salman, accolte positivamente dalle opinioni pubbliche saudite e internazionali, come la concessione alle donne di guidare l’automobile, di assistere – nel settore riservato alle famiglie – alle partite di calcio, di ricevere un sms quando il marito ha deciso di divorziare (prima non veniva nemmeno loro notificato), mettono ancora più in evidenza la mancanza di libertà delle donne, ancora oggi costrette a dipendere legalmente tutta la vita da un guardiano (padre, marito, parente maschile o giudice islamico), che poi è spesso l’autore di soprusi e violenze su di loro. Le donne sono ancora oggi costrette a sottostare ad una cultura e una religione patriarcale che le considera proprietà dell’uomo. Lo dimostra in modo clamoroso la vicenda della diciottenne saudita Rahaf Mohammed al-Qunun , figlia di un funzionario governativo che la sottoponeva a violenze, fuggita durante un viaggio in Kuwait e fermata all’aeroporto di Bangkok per essere rispedita a casa . La giovane, dopo essersi barricata in una stanza di hotel in aeroporto, e avere lanciato disperate richieste di aiuto e di asilo politico via twitter (ulteriore prova che per le saudite internet è realmente rivoluzionaria) è ora sotto la protezione del governo Tailandese e della UNCHR (l’ente delle Nazioni Unite preposto alla protezione dei rifugiati). Non solo, ma la giovane donna ha avuto anche l’ardire di infrangere un divieto assoluto, ovvero di dichiarare che rinuncia all’Islam, dimostrando così di capire bene il ruolo della religione, come viene professata in Arabia saudita, nel giustificare l’ oppressione femminile. Un presa di posizione molto coraggiosa dal momento che l’apostasia in Arabia Saudita e in molti paesi islamici può essere punita con la morte.
Un caso limite? Assolutamente no. Sono molte le donne saudite sottoposte a violenze di vario genere in famiglia che cercano di lasciare il paese. E fuggono anche molte attiviste , temendo di essere imprigionate, e di sparire nelle carceri senza avere nemmeno assistenza legale. Io ho conosciuto bene molte donne che hanno vissuto vicende drammatiche. Wadha, una quasi trentenne fuggita da un padre che la picchiava selvaggiamente e la chiudeva in casa per mesi se la scopriva al telefono con un amico che, dopo una fuga rocambolesca attraverso il Bahrein e Londra, ha raggiunto il Canada dove ha ottenuto asilo politico. Oppure Omaima, una attivista per i diritti umani e medico che , temendo di essere imprigionata per le sue posizioni femministe, (come Eman El Nafjan, attivista per i diritti alla guida in prigione senza processo dallo scorso maggio) è arrivata in Italia dalla Cina, dove si trovava per studiare e ha ottenuto asilo politico nel nostro paese. Potete leggere le storie di Eman, Omaima, Wadha, e molte altre ancora, nel mio libro Nonostante il velo (Morellini – VandA.ePublishing) nella nuova edizione attualmente in libreria.