Pubblicato il

Michela Fontana

Giornalista e saggista milanese, Michela Fontana ha vissuto quindici anni tra Stati Uniti, Canada, Svizzera, Cina e Arabia Saudita. Il suo libro “Matteo Ricci. Un gesuita alla corte dei Ming” (Mondadori, 2005), tradotto in francese e in inglese, ha vinto il “Grand Prix de la biographie politique” nel 2010. Ha pubblicato inoltre “Percorsi calcolati” (1996) e “Cina, la mia vita a Pechino” (2010), entrambi con la casa editrice Le Mani.

Per VandA ha pubblicato Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita (2015).

Pubblicato il

Le difensore dei diritti delle donne incarcerate da due anni – Michela Fontana

Michela Fontana

28 maggio 2020

Sono passati poco più di due anni da quando, il 15 maggio 2018, tredici attiviste saudite sono state incarcerate per le loro pacifiche lotte per il diritto alla guida dell’automobile (concesso dal re alle donne nel giugno successivo) e per la modifica della norma sul guardiano, che in Arabia Saudita ha potere assoluto sulla donna di cui è tutore.  Cinque di loro sono ancora in carcere , mentre otto sono state liberate, pur rimanendo tutte  in attesa di processo. Alcune di loro sono state torturate e sottoposte ad abusi. Lo ricorda un comunicato di Amnesty International  del 15 maggio scorso, dove l’organizzazione per i diritti umani chiede la scarcerazione delle attiviste e degli altri attivisti  che sono stati imprigionati nello stesso periodo. 

Durante la mia permanenza in Arabia Saudita, dal 2010 al 2013 ho  incontrato e intervistato tre delle attiviste incarcerate,  Eman al- Nafjan,  Aziza al- Yousef, Hatoon al-Fassi. Racconto le loro storie insieme a quelle di molte altre donne di diverse  estrazioni sociali ed esperienze di vita, nel mio libro Nonostante il velo ( VandA epubishing-Morellini ), premio Femminile Plurale di Allumiere 2018, attualmente in libreria nella versione riveduta.

Le loro testimonianze appassionate, a volte sconvolgenti,  fanno luce dall’interno su una società come quella saudita che considera le donne proprietà degli uomini e le priva di molti diritti elementari. Eman al-Nafjan è stata mia amica, preziosa  testimone  e compagna di viaggio  durante la nostra spedizione nella parte più conservatrice del paese dove anch’io dovevo girare con il viso interamente coperto. Poco dopo la mia partenza nel 2013, due delle donne che ho intervistato Roua e Omaima, sono fuggite dal paese, la prima ha trovato asilo politico in Canada la seconda in Italia,  che ha lasciato da poco per l’Irlanda.

Anche se a partire  dal 2018, l’erede al trono Muhammed Bin Salman, ha alleggerito alcuni divieti sociali, limitando tra l’altro  il potere della polizia religiosa  e ha concesso alle donne alcune libertà prima impensabili, come la possibilità di andare allo stadio con la famiglia e di viaggiare  senza il permesso del guardiano, l’Arabia Saudita rimane uno stato di polizia dove gli attivisti rischiano l’incarcerazione a vita o  la stessa vita, come il giornalista Jamal Khashoggi, barbaramente assassinato nel consolato saudita a Istanbul nel 2018. La strada per una vera emancipazione delle donne è ancora lunga e difficile.

Acquistate “Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita” di Michela Fontana qui.
Pubblicato il

Evento – “Nonostante il velo”


Milano, 10 luglio 2019, ore 18


VandA.ePublishing è lieta di invitarvi all’incontro al Museo Martinitt – Palazzo Stelline con Michela Fontana

Mercoledì 10 luglio alle ore 18 Michela Fontana presenterà il libro Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita al Museo Martinitt, in Corso Magenta 57, nell’ambito della rassegna “E…state al Museo”.

In Arabia Saudita, il paese più opaco del mondo arabo, le donne sono confinate nel ruolo disegnato dalla Sharia, dipendono a vita da un guardiano, non possono guidare l’automobile e sono segregate nel mondo femminile. Ma dietro questa cortina di ferro, sono proprio le donne a esprimere le più forti istanze di rinnovamento. È quanto Michela Fontana ha scoperto vivendo e lavorando due anni e mezzo a Riad, durante i quali ha esplorato dall’interno la società saudita, incontrando attiviste, donne d’affari, studentesse, giovani professioniste, islamiste radicali, scrittrici, semplici mogli e madri.

Giornalista e saggista milanese, Michela Fontana ha vissuto quindici anni tra Stati Uniti, Canada, Svizzera, Cina e Arabia Saudita. Il suo libro “Matteo Ricci. Un gesuita alla corte dei Ming” (Mondadori, 2005), tradotto in francese e in inglese, ha vinto il “Grand Prix de la biographie politique” nel 2010.


Pubblicato il

“Nonostante il velo”, donne in Arabia Saudita: il reportage


(Corriere del Trentino, 23 febbraio 2019)


– La giornalista Michela Fontana e l’inchiesta sulle differenze e le trasformazioni in atto nei paesi islamici, tra rivendicazioni e integralismi

«Sarà capace il futuro re di cambiare la profonda cultura paternalista fino ad abolire totalmente la segregazione di genere e la figura del guardiano (padre, marito, fratello, figlio maschio), che ha ancora sulle donne potere assoluto, rendendole eterne minorenni, e impedisce loro di viaggiare senza la sua autorizzazione, di ottenere la custodia dei figli dopo il divorzio, di sposarsi con uno straniero?». Interrogativi come questo sono al centro di Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita (Morellini editore con Vansa.ePublishing, 2018) il libro-inchiesta attraverso cui la giornalista Michela Fontana dà voce a diverse donne da lei incontrate nel corso di un soggiorno di due anni a Riad, in Arabia Saudita. Con la sua testimonianza, Fontana permette di conoscere dall’interno il cuore del più integralista paese islamico. Un paese in via di trasformazione con l’affermazione sulla scena politica del nuovo uomo forte del regno, l’erede al trono Mohammed Bin Salman, che ha intrapreso un significativo percorso di riforme sociali, alcune delle quali riguardanti proprio il mondo femminile. L’autrice dialoga su questi temi con la giornalista Luciana Grillo martedì (26) alle 18 alla Mondadori store di Trento, in via San Pietro 19. L’introduzione del volume conduce nello sfaccettato universo femminile dell’Arabia Saudita, che con l’imposizione del «colore nero» si cerca di spegnere, di uniformare: il nero è quello dell’abaya, un leggero soprabito che copre il corpo fino ai piedi, con il velo abbinato, l’hijab. Una «divisa» che due ragazze saudite, salite sull’aereo in jeans e magliette colorate, i lunghi capelli sciolti sulle spalle, si preparano a indossare al momento del ritorno nel loro paese. «Erano divenute sagome informi e irriconoscibili, come tutte le altre donne che avrei incrociato per le strade del paese. Nero e ancora nero, un colore a cui avrei dovuto abituarmi e che avrei finito per detestare, fino a decidere di non indossarlo più quando sarei stata libera di scegliere», osserva Fontana. Attraverso le interviste ma anche le esperienze vissute in prima persona, l’autrice analizza più aspetti della società, femminile e maschile, dell’Arabia Saudita. «Parlare con le saudite che ho conosciuto mi ha stimolato a ripensare al ruolo femminile, a indagare come e quanto l’educazione possa plasmare le persone», afferma. ha fatto grande sensazione nel mondo, ad esempio, la notizia che, da giugno 2018 le donne saudite possano finalmente guidare un’auto: «La rimozione del bando è solo una delle timide ma importanti aperture. Dietro la rigida cortina che separa le donne dal resto della società, sono proprio loro a cercare di esprimere le più forti istanze di rinnovamento».


 

Pubblicato il

Nonostante il velo. Il reportage emozionale di Michela Fontana


L’angolo di Key (12 febbraio 2019)


– Vi siete mai chiesti chi si nasconde dietro ad un velo, quando incontrate una donna che lo indossa?

Vi siete mai chiesti chi si nasconde dietro ad un velo, quando incontrate una donna che lo indossa?
Che storia si cela, qual è il suo pensiero. Sono tutte domande che a me, personalmente, vengono in mente quando mi trovo di fronte ad una donna che indossa questo simbolo. Si tratta dell’ hijab, un velo nero che nasconde i capelli, le orecchie e la testa.
E come vive quella donna, nonostante indossi il velo?
Il libro che leggete nel titolo ce lo svela.
L’intervista e la recensione che vado a presentarvi mi hanno conquistata molto. Perché il libro mi ha conquistata, e sono sicura che piacerà anche a voi. Specialmente se amate libri scritti bene da croniste che con la professionalità e l’etica giornalistica raccontano storie, culture e vite a noi lontane, ma che meritano la nostra attenzione.
Il libro in questione è “Nonostante il velo” di Michela Fontana, edito da VandA ePublishing.

Un libro corposo ma per nulla pesante, come la fattezza potrebbe far pensare.
È a dir poco strepitoso. Scritto divinamente da una brava (lo si capisce dal tipo di scrittura) cronista che con eleganza, intelligenza e rispetto, è entrata in punta di piedi in una società culturalmente ostica alle donne, come quella araba, e ha saputo raccontarla al meglio.
Un approfondimento giornalistico bene accurato, che non tradisce l’umanità della donna-giornalista Michela Fontana.
Si legge benissimo. Pur non conoscendo la sua voce, è come se leggendolo fosse davvero lei, Michela, a raccontare le donne che ha incontrato.

Insieme con l’autrice vorrei approfondire alcuni aspetti, per cui ecco la nostra chiacchierata:

Michela, due anni vissuti a Riad inseme a suo marito che era lì per lavoro. Cosa le è rimasto di quella esperienza una volta rientrata in Europa?
Mi è rimasto un legame ideale con le donne saudite, molte delle quali ho trovato coraggiose, intelligenti e pronte a vivere nel futuro. Mi è anche rimasta una maggiore comprensione di cosa significhi vivere in un paese islamico conservatore e come sia difficile per le saudite emanciparsi  davvero dalle loro tradizioni patriarcali. In effetti noi diamo per scontato che il nostro modello di vita occidentale sia attraente, ma per molte donne che ho intervistato la nostra libertà non è necessariamente considerata un valore positivo. La  realtà della società saudita è molto più complessa e contraddittoria dei luoghi comuni basati su conoscenze superficiali.

Che significato hanno in quelle terre i concetti di intraprendenza e
evoluzione al femminile?
In Arabia Saudita oggi direi che essere intraprendente per una giovane donna significa voler studiare, cercare un lavoro e aspettare a sposarsi per poter finire gli studi. Vuol anche dire resistere alle pressioni famigliari per avere molti figli e cercare di avere una certa indipendenza economica. Naturalmente la società saudita è variegata e ci sono famiglie ancora estremamente conservatrici. Insomma, non tutte le donne saudite vogliono mettersi al volante o fare a meno del loro “guardiano” (padre marito fratello), che ha potere assoluto su di loro. Questo però lentamente cambierà e sempre più donne vorranno “ emanciparsi” senza però andare contro i dettami della loro cultura religiosa.

C’è una storia o una donna che più di altre le è rimasta impressa nel
cuore e nella mente?
Faccio fatica a scegliere, perché molte di loro mi hanno colpito. Ripenso spesso a Wadha, a cui dedico il capitolo In fuga verso la libertà , che è fuggita dal paese per sottrarsi alle violenze che subiva da parte del padre e ora ha trovato asilo politico in Canada, proprio come  ha fatto recentemente la giovane Rahaf Al Muhammed al Qunun di cui hanno parlato tutti i giornali, dopo che si era barricata nell’ aeroporto di Bangkok. A differenza della diciottenne Rahaf, però, Whada ha più di trentanni ,ha pianificato la fuga in due anni, senza clamore o pubblicità, con molta paura, molti rischi e molta sofferenza.

Quanto tempo ha impiegato a scrivere Nonostante il velo? C’è stato
qualcosa che la preoccupava nella stesura del libro?
Ho svolto le mie interviste durante i due anni di soggiorno a Riad e ho impiegato circa un anno a scrivere  il libro. Quello che mi preoccupava era di comunicare al meglio quanto avevo sentito e vissuto durante la mia esperienza, senza tradire il desiderio delle donne saudite di essere comprese e ascoltate. Ho cercato di non fare trapelare il mio punto di vista (anche se immagino si possa percepire tra le righe) o di dare giudizi, ma di fornire il contesto e le informazioni storiche affinché la lettrice/lettore possa giudicare da solo. Ho cercato di fare ciò che penso un giornalista o uno storico dovrebbe idealmente fare.

Ci sono altre culture che vorrebbe esplorare, capire e raccontare in un
altro libro?
Mi interessano soprattutto le culture diverse dalla nostra, perché rappresentano una sfida alla comprensione e ai luoghi comuni. Sono stimolata a scrivere soprattutto quando vivo in un paese per motivi di lavoro. Quando ho vissuto in Cina ho studiato la storia cinese e  ho scritto la biografia  di Matteo Ricci, un gesuita vissuto in Cina tra cinquecento e seicento, il primo mediatore culturale tra Cina ed Europa (Padre Matteo Ricci, nato a Macerata, la mia Regione – ndr). Forse oggi mi piacerebbe conoscere più a fondo il Giappone, un antica civiltà che conserva le tradizioni pur essendo totalmente immerso nella modernità.

Bello davvero. Da giornalista, vorrei saper scrivere e raccontare storie come lei.


 

Pubblicato il

di Alessandra Bocci (La Gazzetta dello Sport, 16 gennaio 2019)


– «Giusto portare la Supercoppa qui? Non bisogna essere ipocriti, con questi paesi si fanno affari in continuazione».

La testimonianza

«Il Principe lo ha capito, ha dato il via ai cambiamenti»

La giornalista e saggista: «Ora qualcosa si muove per le donne. E lo sport nelle scuole è importante: combatte obesità e diabete»

Se vuoi finire, comincia. Difficilmente l’Arabia arriverà ad avere una società aperta, perché ha una cultura e una storia profondamente diversa da quella dei paesi occidentali, però le concessioni di Mohammed bin Salman sono un inizio e hanno permesso di accelerare un processo che probabilmente era in atto in parte della società. Michela Fontana, matematica, giornalista, saggista, ha scritto fra l’altro «Nonostante il velo», che raccoglie tante voci e contraddizioni, come racconta, che ha vissuto un po’ ovunque, a Riad dal 2010 al 2012.

«È quando ci sono tornata un anno dopo si respirava già un po’ il clima delle riforme. Bisogna sempre mettere le cose in un contesto: queste sono riforme concesse dall’alto, chi si mette a protestare può finire in carcere o andarsene, come Rahaf, scappata chiedendo aiuto su Twitter e ha avuto asilo politico in Canada. Queste riforme non danno libertà di espressione, ma concedono alle saudite la libertà di fare cose che prima non potevano immaginare».

Com’era abitare in Arabia Saudita qualche anno fa?
«Anche le donne straniere dovevano coprirsi e non potevano guidare, per esempio. Una volta ti portavano la “abaya” da indossare direttamente all’aeroporto. Ora la patente è un vantaggio per le ragazze alle quali è stato concesso di lavorare. È vero che se una fa la commessa difficilmente ha i soldi per l’auto, ma non bisogna negare che ci siano stati dei passi avanti».

Dicono che Gedda sia più aperta di Riad.
«Storicamente è così. Era una città di pellegrini, c’era più mescolanza di culture. I Saud l’hanno inglobata nel loro regno negli anni Trenta, Gedda rispetto a Riad ha radici diverse. A Gedda vedevi le ragazze con le amiche nei bar, alcuni bar, già prima delle riforme. È innegabile che qualcosa si stia muovendo, anche perché questa nuova classe dirigente ha capito che una nazione non può restare legata a un modello medievale. L’Arabia Saudita è tornata indietro per vari fattori negli anni Ottanta, quando la chiusura è stata assoluta. Ma la società bene o male va avanti e ho l’impressione che questo principe ereditario un po’ capisca che deve riformare, un po’ rincorra i cambiamenti.  I sauditi, anche la famiglie molto conservatrici, sono fieri di mandare la figli a studiare all’estero, eppure restano conservatori. Lo sono anche le donne, che spesso sono le prime a non condividere i nostri modelli occidentali. Sono abituate a essere protette, tenute in casa per fare figli. Ora molte vogliono studiare e lavorare, si sposano tardi, fanno meno figli. Queste riforme le lasciano in una condizione di segregazione, ma stanno cambiando la qualità della loro vita e lo sport ha funzione importante: non solo poter andare allo stadio da sole, ma anche praticare sport liberamente. L’introduzione dello sport nelle scuole è stato importante per combattere problemi come obesità e diabete».

Come fanno quelle che studiano all’estero a calarsi nella loro realtà quando tornano a casa?
«Anche molte saudite sono conservatrici. Anche qualche anno fa era permesso loro di andare all’estero a studiare con delle borse di studio istituite dal sovrano precedente, ma con un fratello, un parente, un guardiano: non vivevano veramente all’occidentale. Ecco, quando Mohammed bin Salman avrà il coraggio di affrontare il problema del guardiano avverrà la vera rivoluzione, ma è complicato».

Ha fatto bene la Lega calcio a portare la partita a Gadda?
«Non bisogna essere ipocriti. Con questi paesi illiberali si fanno affari in continuazione, penso alla Cina o alle commesse delle imprese italiane per la metropolitana di Riad. L’Arabia è particolarmente arretrata sul piano delle libertà civili, ma è difficile isolare un paese. E nessuno ha mai veramente isolato l’Arabia Saudita».

Pubblicato il

Commento di Michela Fontana alla situazione femminile in Arabia Saudita


di Michela Fontana (gennaio 2018)


Nonostante il velo (Morellini – VandA.ePublishing 2018)

Cosa succede alla “questione femminile” in Arabia Saudita? Paradossalmente le riforme messe in atto dal principe ereditario Muhammed bin Salman, accolte positivamente dalle opinioni pubbliche saudite e internazionali, come la concessione alle donne di guidare l’automobile, di assistere – nel settore riservato alle famiglie – alle partite di calcio, di ricevere un sms quando il marito ha deciso di divorziare (prima non veniva nemmeno loro notificato), mettono ancora più in evidenza la mancanza di libertà delle donne, ancora oggi costrette a dipendere legalmente tutta la vita da un guardiano (padre, marito, parente maschile o giudice islamico), che poi è spesso l’autore di soprusi e violenze su di loro. Le donne sono ancora oggi costrette a sottostare ad una cultura e una religione patriarcale che le considera proprietà dell’uomo. Lo dimostra in modo clamoroso la vicenda della diciottenne saudita Rahaf Mohammed al-Qunun , figlia di un funzionario governativo che la sottoponeva a violenze, fuggita durante un viaggio in Kuwait e fermata all’aeroporto di Bangkok per essere rispedita a casa . La giovane, dopo essersi barricata in una stanza di hotel in aeroporto, e avere lanciato disperate richieste di aiuto e di asilo politico via twitter (ulteriore prova che per le saudite internet è realmente rivoluzionaria) è ora sotto la protezione del governo Tailandese e della UNCHR (l’ente delle Nazioni Unite preposto alla protezione dei rifugiati). Non solo, ma la giovane donna ha avuto anche l’ardire di infrangere un divieto assoluto, ovvero di dichiarare che rinuncia all’Islam, dimostrando così di capire bene il ruolo della religione, come viene professata in Arabia saudita, nel giustificare l’ oppressione femminile. Un presa di posizione molto coraggiosa dal momento che l’apostasia in Arabia Saudita e in molti paesi islamici può essere punita con la morte.
Un caso limite? Assolutamente no. Sono molte le donne saudite sottoposte a violenze di vario genere in famiglia che cercano di lasciare il paese. E fuggono anche molte attiviste , temendo di essere imprigionate, e di sparire nelle carceri senza avere nemmeno assistenza legale. Io ho conosciuto bene molte donne che hanno vissuto vicende drammatiche. Wadha, una quasi trentenne fuggita da un padre che la picchiava selvaggiamente e la chiudeva in casa per mesi se la scopriva al telefono con un amico che, dopo una fuga rocambolesca attraverso il Bahrein e Londra, ha raggiunto il Canada dove ha ottenuto asilo politico. Oppure Omaima, una attivista per i diritti umani e medico che , temendo di essere imprigionata per le sue posizioni femministe, (come Eman El Nafjan, attivista per i diritti alla guida in prigione senza processo dallo scorso maggio) è arrivata in Italia dalla Cina, dove si trovava per studiare e ha ottenuto asilo politico nel nostro paese. Potete leggere le storie di Eman, Omaima, Wadha, e molte altre ancora, nel mio libro Nonostante il velo (Morellini – VandA.ePublishing) nella nuova edizione attualmente in libreria.

Pubblicato il

4 domande a…


di Valerio Piccioni (La Gazzetta dello Sport, 5 gennaio 2019)


– «Nuove aperture ma ogni donna ha un guardiano»

4 domande a… Michela Fontana, scrittrice e giornalista

«Nuove aperture ma ogni donna ha un guardiano»

Michela Fontana, scrittrice e giornalista, ha trascorso due anni e mezzo in Arabia Saudita collezionando testimonianze raccolte nel libro Nonostante il velo pubblicato da Morellini e VandAePublishing.

Come vive una donna in Arabia Saudita?

«In un modo per noi inconcepibile. Dall’abbigliamento, con l’obbligo di coprire tutto il corpo, alla segregazione di genere che proibisce alle donne di mescolarsi agli uomini nei luoghi pubblici, consentendo loro di rimanere soltanto nei “settori per famiglie”. Per intenderci, una donna non può mai entrare in una banca, in un caffè, in un ospedale, dall’ingresso centrale. Ed è dipendente per tutta la vita da un “guardiano” uomo».

Ecco, le recenti aperture del regime sono davvero tali?

«Le aperture ci sono state. Non bisogna entusiasmarsi troppo, ma neanche ignorarle. Facciamo un esempio: prima l’attività fisica delle donne era possibile soltanto nelle scuole private, ora si sta organizzando anche in quelle pubbliche».

Quali sono le altre conquiste?

«Ci sono ora poi dei piccoli ambiti in cui la donna può ora fare da sola, senza l’autorizzazione del suo “guardiano” uomo. E le donne possono guidare anche se non va dimenticato che proprio le attiviste più coraggiose nel rivendicare quel diritto sono finite e sono tuttora in carcare. Non dobbiamo dimenticarci che l’Arabia saudita è un Paese dove Re e Governo hanno un potere assoluto, di vita e di morte, nei confronti dei loro sudditi».

Andranno anche da sole a vedere la Supercoppa?

«Assolutamente sì, arriveranno sicuramente in gruppi. Mi è capitato di incontrare diverse nei caffè o nei ristoranti, seppure soltanto nei settori dedicati alle famiglie. Credo non vedano l’ora di poter fare e vivere cose fino a ieri proibite».

Pubblicato il

Intervista a Michela Fontana


RSI (lunedì 10 dicembre 2018)


– Donne in Arabia Saudita.

Uno dei Paesi dove le donne sono in maggiore difficoltà è l’Arabia Saudita. La scrittrice Michela Fontana ha presentato uno spaccato della realtà quotidiana e della situazione attuale completo ed esauriente.
Grazie ai due anni passati a Riad, Michela Fontana ha potuto conoscere bene la realtà saudita, soprattutto quella femminile. Nel suo libro-inchiesta “Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita“, attraverso lo sguardo delle donne, l’autrice racconta i paradossi e le ambiguità del paese che ha ispirato alcuni dei più pericolosi movimenti fondamentalisti, fornendo una chiave di lettura per interpretare un mondo islamico che fatichiamo a comprendere, semplicemente perché non lo conosciamo.
Michela Fontana è stata la vincitrice, nel novembre 2018, della prima edizione del Premio Letterario Allumiere.
L’autrice è stata intervistata il 10 dicembre dalla Radio Svizzera Italiana nella trasmissione Alba Chiara.

Qui potete trovare l’intervista.


 

Pubblicato il

“Femminile plurale”, scritta una meravigliosa pagina di Cultura


La Provincia, 6 novembre 2018


– Ad Allumiere sabato pomeriggio si è scritta una meravigliosa pagina di cultura con la “C” maiuscola che resterà indelebile nel cuore di tutti.

Ad Allumiere sabato pomeriggio si è scritta una meravigliosa pagina di cultura con la “C” maiuscola che resterà indelebile nel cuore di tutti. Tantissime persone nell’Auditorium (e altrettante nell’androne del museo con la diretta streaming e altre sono rimaste fuori per mancanza di spazio) hanno assistito alla finale della prima edizione del concorso letterario “Femminile plurale”, madrina d’eccezione la grande, Dacia Maraini, la più grande scrittrice vivente, una donna eccezionale che ha incantato tutti. Letteratura, musica, arte ma anche le tematiche attuali narrate nei libri finalisti: queste le sfaccettature meravigliose della cultura a tuttotondo toccate durante la manifestazione e tutte queste arti sono state presentate ai massimi livelli rendendo speciale e unica la serata tanto che all’unisono il pubblico, le scrittrici finaliste e il pubblico si sono complimentati per la perfetta organizzazione. A dirigere e gestire gli spazi e i momenti come un perfetto direttore d’orchestra è stato il presentatore d’eccezione Gino Saladini che, tra l’altro, ne ha approfittato anche per fare un elogio della cultura e ha invitato a «spegnere più spesso televisioni e mezzi informatici e dedicarsi alla lettura e alla Cultura in tutte le sue componenti. Leggete, leggete, leggete».

La manifestazione è stata eccezionalmente organizzata dall’assessore alla Cultura e alle Pari Opportunità Brunella Franceschini in collaborazione con il sindaco Pasquini, la Pro Loco, l’amministrazione comunale e un eccezionale gruppo di lavoro composto da Flavia Verbo, Valerio Chiacchierini,  Tiziana Franceshini, Francesca Tiselli, Cecilia Toffali e Karyn Minerva e con il prezioso contributo della Fondazione Cariciv e del Consiglio Regionale del Lazio.

  Lo scettro della vittoria di questa prima edizione è andato al libro reportage “Nonostante il velo scritto dalla giornalista Michela Fontana (edito da VandAePublishing e Morellini); secondo posto per “Gli anni forti” scritto da Paola Martini (ed. Manni); terzo posto, invece, per “La Ragazza nella foto” di Donatella Alfonso e Nerella Sommariva (ed All Around).

Intelligente, chiara e sensibile Dacia Maraini ha raccontato la sua vita, i suoi libri, la sua famiglia e i tanti amici con cui ha diviso porzioni di vita fra i quali Pasolini, Moravia (autore della prefazione del suo primo libro) e tante grandi scrittrici e alla fine è stata disponibile a incontrare i tanti ammiratori e a firmare loro le copie dei suoi libri che erano in vendita durante la manifestazione;  ha raccontato della sua passione per i viaggi ereditata dalla nonna «che sola zaino in spalla ha girato il mondo». La Maraini ha parlato del ruolo della scrittura al femminile nel tempo, sottolineando come questa sia discriminata, specie dalle istituzioni: «Oggi  le cose sono cambiate – ha spiegato – grazie soprattutto a quelle autrici che nel secondo dopoguerra, col sostegno dell’editore Luigi Einaudi, si definirono scrittori, elevando la prosa femminile fino ad allora confinata ai romanzi rosa. Penso a Lalla Romano, Anna Banti, Anna Maria Ortese, Elsa Morante, Natalia Ginzburg. Avendole conosciute posso dire che erano donne eccezionali e coraggiose, sia pure diverse tra loro».  Ha raccontato che  deve la sua passione per la lettura e la scrittura alla mamma e alla nonna che erano scrittrici, al padre etnologo che scriveva i  saggi « Tornati dal campo di concentramento in Giappone eravamo – ha spiegato ancora – poverissimi – l’unica cosa che a casa nostra non mancava mai erano i libri. Leggere è importante per la propria formazione, è un motore che mette in motosa fantasia. Il libro viene scritto da uno scrittore ma ogni lettore lo riscrive nella sua fantasia». Ha raccontato le sue esperienze da scrittrice di testi teatrali di nicchia (uno che qualche anno fa ha debuttato a Civitavecchia) e di suoi testi utilizzati per il cinema. Durante la serata le autrici finaliste hanno raccontato i loro libri con intervalli di musica al pianoforte (a quattro mani) eseguita magistralmente da Paola Ingletti e Assunta Cavallari e con alcune pagine dei libri lette e recitate dall’attrice Novella Modellini. Tutti e tre i libri hanno toccato tematiche forti: Donatella Alfono con “La Ragazza della foto” ha raccontato la storia vera di un partigiano ebreo di buona famiglia e una giovane contadina, Paola Martini con “Gli anni forti” ha tracciato uno spaccato del decennio tra il 1968 e il 1978, quando in Italia, le donne conquistarono diritti fondamentali come quello alla sessualità, alla maternità consapevole, all’uguaglianza fra uomo e donna; infine la vincitrice Michela Fontana con “Nonostante il velo” ha parlato della condizione delle donne in Arabia Saudita. Non a caso Allumiere con Femminile plurale ha scelto di premiare e mettere in gioco scrittrici donne «di oltre 5mila concorsi letterari per la prima volta Allumiere – ha spiegato la giurista Veronica Ricotta ha indetto un concorso di questo genere». «La comunità di Allumiere – ha spiegato l’assessore Brunella Franceschini – deve molto alle donne, fin da quando, mentre gli uomini lavoravano nelle cave di allume, loro mandavano avanti la vita familiare e sociale. Negli anni ’70, poi ad Allumiere nacque la prima cooperativa femminile che confezionava abiti, “La Lumiera” e che è ricordata nella mostra fotografica nel Palazzo Camerale a cura di Rita Moraldi, una delle sue fondatrici».

Impeccabili gli alunni dell’Istituto alberghiero Stendhal, sotto la supervisione della dirigente Stefania Tinti, che sono stati perfetti camerieri e hostess durante l’aperitivo finale. Da rilevare che il book office della libreria “Scrittori e Manoscritti”  di Ladispoli ha registrato il tutto esaurito per i tre libri finalisti e quelli della Maraini  (la scrittrice presenterà il suo ultimo libro proprio nella libreria di Ladispoli).

La presidente della Fondazione Cariciv Gabriella Sarracco, piacevolmente colpita dalla manifestazione ha già anticipato il sostegno dell’Ente per l’edizione del 2019 di questo concorso. Orgoglioso il sindaco Antonio Pasquini: «Complimenti all’assessore Brunella Franceschini e a tutto il suo gruppo che è stato fantastico. Un anno di grande lavoro svolto con passione, professionalità, spirito di gruppo ed amore verso il prossimo. Ritengo giusto, importante e doveroso voler premiare il valore della donna, ancor oggi, purtroppo, troppo spesso messi in ombra. Il successo di questa prima edizione è stata una partenza fantastica per un grande progetto che guiderà positivamente la nostra comunità. Questo vuole anche dire donare al prossimo. Grazie ragazze».


 

Pubblicato il

Michela Fontana, premiata per il suo sguardo Femminile, Plurale

Michela Fontana ha vinto l’importante premio letterario Allumiere, Femminile, Plurale, con il suo libro-inchiesta Nonostante il Velo, un racconto corale delle donne dell’Arabia Saudita. Un riconoscimento importante, per il lavoro di Michela e per VandAePublishing.

“L’Arabia Saudita resta un Paese sconosciuto, anche perché impenetrabile, dove le donne devono confrontarsi con la proibizione, la vessazione, la sottomissione”, si legge nelle motivazioni al premio. Un riconoscimento, dunque, al lavoro di Michela Fontana, che “ci racconta da una prospettiva che ha a che fare con la quotidianità (una quotidianità che talvolta diviene intima) come proprio le donne si siano fatte portatrici di una clamorosa istanza di rinnovamento, sfidando con coraggio il proprio tempo e uscendone sì segnate, ma non sconfitte. Come richiede una scrittura di testimonianza, la lingua che sceglie l’autrice per raccontare di queste donne è schietta e sincera”. Così, lo sguardo dell’autrice si fa acuto, e penetra nei meandri delle vite sin qui nascoste delle donne intervistate. Leggiamo ancora nelle motivazioni del Premio.

“Aisha, Nura, Hessa e le altre donne saudite, con le loro testimonianze, ci restituiscono un quadro sfaccettato e autentico della condizione della donna in uno dei Paesi islamici più repressivi, invitandoci a riflettere anche sulla condizione della donna in Italia, in una prospettiva femminile e plurale.  Il taglio di questa opera è veramente femminile e plurale: una donna che guarda, interroga, racconta da vicino altre donne, diverse da lei e fra loro per classe sociale, temperamento, esperienze di vita. Il calore del racconto in prima persona e la vividezza del reportage si alternano alla chiarezza del resoconto storico; seguiamo le vicende politiche di un intero Paese, ma entriamo anche nelle case e negli ambienti di lavoro di chi lo abita, e soprattutto vediamo e ascoltiamo le protagoniste: donne più o meno giovani, più o meno ribelli, più o meno privilegiate”.

Insomma, uno sguardo tutto al femminile, che riesce a raccontare in presa diretta le vite, le emozioni, i desideri delle donne incontrate, mettendo in scena un coro che restituisce tutto il peso che la condizione femminile rappresenta.

“Mescolando con mano sicura memoir e giornalismo, Michela Fontana ha saputo creare un ritratto collettivo delle donne saudite pieno di dettagli e sfaccettature, lontano dai cliché e dalle generalizzazioni”, concludono i giurati di Allumiere. “In un’epoca in cui sembra sempre più difficile trovare chi guarda l’Altro da Sé con reale curiosità, il suo sguardo attento e rispettoso – ma anche lucidamente critico – e la sua scrittura precisa e mai banale sono strumenti preziosi di indagine e comprensione del mondo. Un lavoro meticoloso, empatico a tratti, condotto entrando nelle case, sedendo alle tavole, raccogliendo gli umori di professioniste, studentesse, attiviste, islamiste, scrittrici, mogli, madri – che ci aiuta a far luce su una delle tante prove a cui le donne sono costrette nella loro storia universale, e che faremmo bene a recuperare al nostro immaginario, perché il medioevo dei diritti non è mai scongiurato una volta per tutte”.

Leggi Le motivazioni della giuria

In foto, un momento della premiazione, che si è svolta sabato 3 novembre ad Allumiere (Roma). Accanto alla nostra autrice, Dacia Maraini.

 

 


 

Pubblicato il

Premio Letterario Allumiere

Nonostante il velo di Michela Fontana è ufficialmente tra le tre opere finaliste del Premio Letterario Allumiere!

La serata finale del premio Femminile, Plurale si tiene il 3 Novembre alle ore 17.30 presso l’Auditorium/ Palazzo delle Reverenda Camera Apostolica, Piazza della Repubblica, Allumiere.

La serata finale di premiazione sarà condotta da Gino Saladini
L’attrice Novella Morellini ci farà immergere nelle parole e nelle storie narrate dalle scrittrici finaliste, interpretate musicalmente dalle pianiste Paola Ingletti e Assunta Cavallari. Le giurate Carmen Pellegrino, Martina Testa e Veronica Ricotta metteranno in evidenza le peculiarità delle opere finaliste.  
Ospite d’eccezione sarà Dacia Maraini.

 

OPERE FINALISTE:
Gli anni forti, Paola Martini, Manni Editori.
La ragazza nella foto, Donatella Alfonso, Nerella Sommariva, All Around.
Nonostante il velo, Michela Fontana, VandA ePublishing e Morellini Editore.

Ingresso gratuito.


Nonostante il velo

Nuova edizione – giugno 2018

In Arabia Saudita, il paese più opaco del mondo arabo, le donne sono confinate nel ruolo disegnato dalla Sharia, dipendono a vita da un guardiano, non possono guidare l’automobile e sono segregate nel mondo femminile. Ma dietro questa cortina di ferro, sono proprio le donne a esprimere le più forti istanze di rinnovamento.
È quanto Michela Fontana ha scoperto vivendo e lavorando due anni e mezzo a Riad, durante i quali ha esplorato dall’interno la società saudita, incontrando attiviste, donne d’affari, studentesse, giovani professioniste, islamiste radicali, scrittrici, semplici mogli e madri. Nonostante il velo è una straordinaria polifonia di voci. Attraverso lo sguardo delle donne racconta i paradossi e le ambiguità del paese che ha ispirato alcuni dei più pericolosi movimenti fondamentalisti, fornendo una chiave di lettura per interpretare un mondo islamico che fatichiamo a comprendere, semplicemente perché non lo conosciamo.


Autore: Michela Fontana
Titolo: Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita
Collana: VandA.Original
Luogo e data di pubblicazione: Milano, marzo 2015. Edizione aggiornata, in coedizione con Morellini Editore: giugno 2018.
ISBN e-book: 9788868991395
Prezzo e-book: 7,99 €
ISBN cartaceo: 9788868991784
ISBN cartaceo: 9788862986076 – in coedizione con Morellini Editore
Prezzo cartaeco: 17,90 €


 

Pubblicato il

A new wave from the Middle East


di Sofia Celeste (L’officiel, settembre 2018)


– La mostra “Contemporary Muslim Fashion” dal 22 settembre al De Young Museum di San Francisco esplora la vastità del repertorio moda del mondo islamico. A Riyahd, in Arabia Saudita, lo scorso aprile si è tenuta la prima fashion week locale e le spettatrici, per l’occasione, si sono tolte il velo. L’emancipazione sta passando per la via delle passerelle. Un’apertura reale verso l’autonomia femminile o solo una strategia economica in vista della fine dell’egemonia petrolifera nei Paesi arabi?

È la settimana della moda a Riyadh e tutta l’élite dell’Arabia Saudita è in prima fila. Durante un evento per sole donne, spettatrici e designer si sono tolte il velo per indossare abiti occidentali in occasione della prima fashion week organizzata al Ritz-Carlton. Di fronte a un pubblico internazionale, le designer saudite hanno presentato le loro collezioni di moda – accanto a marchi europei del calibro di Jean Paul Gaultier – come vere imprenditrici emancipate facendo a pezzi lo stereotipo occidentale che vede la donna musulmana oppressa. Le riforme sociali, come quella che ha concesso alle donne il diritto di guidare, continuano a galvanizzare una nazione da tempo paludata in un sistema sociale basato sulla sharia (la legge islamica). La moda si è rivelata un potente strumento per dimostrare che le donne possono avere tanto talento quanto gli uomini. In passerella, Arwa Al Banawi, del brand The Suitable Woman, e Mashael-Alrajhi, hanno optato per abiti alla moda “occidentali” – una decisione chiaramente incoraggiata dalle nuove riforme del principe ereditario Mohammad bin Salman, il 32enne reale conosciuto come MBS, il quale ha sancito che le donne possono scegliere di indossare abiti convenzionali invece del tradizionale abaya nero con il velo.
Allo show di aprile, le collezioni di Al Banawi erano caratterizzate da look androgini come blazer oversize, pantaloni larghi e felpe da surfista: «Stiamo assistendo a un vero e proprio movimento per l’emancipazione delle donne in tutto il mondo. Sono felice di sostenere le mie connazionali», ha affermato. La fashion week di Riyadh fa parte di un più ampio progetto di MBS il “Vision 2030” ideato per attirare nuove industrie al fine di prevenire un’inevitabile crisi petrolifera. La Riyadh fashion week fa anche parte dell’Arab fashion week, con sede a Dubai, il cui obiettivo è sviluppare una catena di vendita al dettaglio e manifatturiera nei centri produttivi della moda araba che prevede di non delocalizzare l’economia legata al settore mantenendo la produzione in paesi come l’Egitto, noto per il suo cotone pregiato, la Tunisia per la sua seta e il Marocco per le sue concerie. Questo accontenterebbe le crescenti esigenze dei consumatori di beni di lusso ad Abu Dhabi, Riyadh e Dubai. Secondo Thomson Reuters (multinazionale canadese del settore dei mass media e dell’informazione), si prevede che i consumatori musulmani spenderanno più di 368 miliardi di dollari in modest fashion entro il 2021. Più della metà della popolazione saudita ha meno di 25 anni e oltre la metà di tutti i suoi laureati è di sesso femminile. Creare posti di lavoro e pari opportunità è in cima alla lista delle priorità economiche ed è anche un modo per il governo di rafforzare le piccole e medie imprese che attualmente contribuiscono solo per il 20% all’economia nazionale.
«È chiaro che una cassiera non può permettersi di spendere tutto il suo stipendio per pagare un autista che la porti a lavoro, quindi è più logico lasciarla guidare», ha affermato Michela Fontana, autrice italiana del libro “Nonostante il velo” (Morellini editore in co-edizione con VandA. ePublishing), che per due anni e mezzo ha vissuto a Riyadh intervistando donne di ogni ceto sociale.
Nel centro della capitale saudita si erge il monumentale Kingdom Centre di 99 piani su una città che conta cinque milioni di abitanti. L’edificio ospita brand internazionali come Victoria’s Secret, Gucci e Roberto Cavalli. Al suo interno, offre una visione più intima della società saudita: le donne velate vengono scortate dai mariti, mentre le ragazze più disinibite indossano degli abaya semiaperti, con i capelli al vento. Molti negozi impediscono alle donne di entrare senza il proprio guardiano, sfoggiando cartelli che recitano “Solo famiglie”. «Le donne sono considerate eterne minorenni a cui non è permesso nemmeno viaggiare senza l’autorizzazione di un uomo», ha spiegato Fontana, dichiarando che l’emancipazione passa per l’abolizione della figura del guardiano maschile. Lubna Suliman Olayan, per esempio, amministratore delegato donna della Olayan Financing Company (inserita tra le 100 persone più influenti del 2005 dal “Time”) ha potuto puntare al successo senza la zavorra di un patriarca (il marito è americano). «Penso si debba fare attenzione prima di dare per scontato che si tratti di riforme autentiche», avverte Nadine Naber, professoressa di studi di genere e delle donne e di studi asiatici americani all’Università dell’Illinois a Chicago e autrice di “Arab America: Gender, Cultural Politics, and Activism”. «È importante ricordare che questa è una strategia comune in Medio Oriente, in cui leader non democratici offrono riforme selettive legate ai diritti delle donne così da apparire riformisti agli occhi dei media in Occidente», ha affermato Naber, sottolineando che il governo Usa ha ignorato le notizie di maggio sulla carcerazione degli attivisti Eman al-Nafjan, Loujain al-Hathloul, Aziz al-Yousef e Nouf Abdulaziz.
Dal 22 settembre al 6 gennaio al De Young Museum di San Francisco ospiterà la mostra “Contemporary Muslim Fashion”, esibendo lo stile della comunità musulmana. «La diversità della popolazione di fede islamica nella Bay Area e il contributo del nostro gruppo di sostegno hanno avuto un’influenza determinante sull’organizzazione della mostra e sul desiderio di produrre un’istantanea globale delle mode musulmane contemporanee», ha affermato la curatrice Jill D’Alessandro, aggiungendo che San Francisco ospita una delle più grandi comunità degli Stati Uniti. Gli stessi designer hanno abbracciato lo stile mediorientale per soddisfare i bisogni dei loro maggiori consumatori – da qui i burkini, i hijab e gli abaya nelle collezioni di Alberta Ferretti e Max Mara per esempio – a dimostrazione che le donne musulmane sono una forza da non sottovalutare.


Pubblicato il

Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita, di Michela Fontana


di Mimma Zuffi (Sognaparolemagazine, 10 giugno 2018)


Ha fatto una grande sensazione al mondo che da giugno 2018 le donne dell’Arabia Saudita potranno guidare un’auto: la rimozione del bando è solo una delle timide ma importanti aperture in un Paese celebre per la segregazione femminile.

Ha fatto una grande sensazione al mondo che da giugno 2018 le donne dell’Arabia Saudita potranno guidare un’auto: la rimozione del bando è solo una delle timide ma importanti aperture in un Paese celebre per la segregazione femminile.
Dietro la rigida cortina che separa le donne dal resto della società, sono proprio le donne a cercare di esprimere le più forti istanze di rinnovamento.
Nel corso di un soggiorno di due anni in Arabia Saudita la giornalista Michela Fontana ha avuto modo di conoscere e intervistare attiviste, donne d’affari, studentesse, scrittrici e di raccoglierne i pensieri, i sogni, le battaglie. Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita è un libro inchiesta di grandissima attualità per conoscere “dal di dentro” il cuore del più integralista paese islamico. Un paese in via di trasformazione con l’affermazione sulla scena politica del nuovo uomo forte del regno, l’erede al trono Mohammed Bin Salman, che ha, fra l’altro, intrapreso un significativo percorso di riforme sociali, alcune delle quali riguardanti proprio il mondo femminile.

«Negli anni vissuti a Riad ho scoperto che sempre più donne saudite si fanno protagoniste del loro destino. Non più rassegnate e sottomesse, ma attive ecoraggiose. […] Sono loro il tesoro nascosto del paese». Michela Fontana

In una società dove solo il 17% delle donne cerca un impiego, sono sempre più numerose quelle che superano le barriere della tradizione e si cimentano nelle professioni notoriamente esclusive del sesso maschile – architetto, finanziere, ingegnere, artista o scrittore – anche sfidando i pregiudizi (come dimostrano la partecipazione alla Biennale di Venezia o il successo del coraggioso libro Ragazze di Riad di Rajaa Alsanea), incoraggianti segnali di una presa di consapevolezza del proprio ruolo, ora non più strettamente legato al volere dell’uomo.

Il libro è una polifonia di voci, di storie uniche di donne di diverse provenienze sociali – donne d’affari, professioniste, islamiste o semplicemente figlie, mogli o madri -, ognuna con il suo vissuto sempre teso in una costante dicotomia tra libertà e restrizione.
Sono diciassette storie che indagano – e rappresentano – le diverse sfaccettature,talvolta contraddittorie, di una società in trasformazione, stralci di vita raccolti oltrepassando muri invalicabili, felici istantanee di sudate conquiste.

È altresì una consapevole presa d’atto di una situazione che, come ben illustra l’autrice, ha «rafforzato la convinzione che non si può chiedere a un popolo cresciuto in una cultura diversa dalla nostra di seguire una strada tracciata da altri. Né si può forzare la storia, che in ciascuna nazione deve fare il suo corso, con i suoi tempi».

«La piscina degli uomini è all’aperto, è più grande della nostra ed è bellissima, ma non te la posso mostrare» mi ha detto Sofia. E ha aggiunto, con civetteria, che quando viaggiava all’estero con il marito per le vacanze non era un problema per lei nuotare in bikini nelle piscine miste degli alberghi dove soggiornavano. – Harem

«Mio padre era molto religioso, ma non era un conservatore. A lui devo tutto, la mia istruzione e il mio coraggio. […] “Sii te stessa” mi ripeteva. È lui che ha indirizzato la mia vita. Avevo dieci anni, avevo appena finito la scuola religiosa e nessuno in famiglia voleva che continuassi gli studi, perché ero una donna. Allora lui mi ha rapito. Mi aveva iscritto a un collegio in lingua inglese senza dirlo a nessuno, nemmeno a me. […] Quando gli ho chiesto piangendo se avrei potuto vedere ancora la mamma mi ha detto che sarebbe trascorso molto tempo, ma che era per il mio bene, per avere una vita migliore della sua.»- Aisha: puttane e comuniste.

«Quando sono all’estero posso fare molte cose, e riconosco che le università che i miei figli e le mie figlie frequentano sono fantastiche. […] Ma non capisco la vostra cultura e soprattutto non approvo la libertà che viene concessa alle donne. Le ragazze escono con i ragazzi quando sono giovani, si vestono in modo sconveniente e magari rimangono incinte. Per noi è inconcepibile. Da noi la donna è considerata un bene prezioso, è protetta, trattata come un gioiello. Quando parlate di noi in Occidente vi preoccupate soltanto del velo e della guida, ma non sapete niente delle nostre tradizioni. Io non voglio che le donne guidino nel nostro paese perché è troppo pericoloso. Che bisogno c’è di guidare, è tanto comodo avere l’autista! E il velo io lo metto volentieri. È il mio modo di ringraziare Dio di avermi dato dei figli sani, Al Hamdulillah. (Grazie a Dio)!» – Oro nero: i ricchi

Michela Fontana, giornalista e saggista milanese, ha vissuto quindici anni tra Stati Uniti, Canada, Svizzera, Cina e Arabia Saudita. Il suo libro Matteo Ricci. Un gesuita alla corte dei Ming (Mondadori, 2005), tradotto in francese, spagnolo e inglese, ha vinto il “Grand Prix de la biographie politique” nel 2010. Ha pubblicato inoltre Percorsi calcolati (1996) e Cina, la mia vita a Pechino (2010), entrambi con la casa editrice Le Mani.