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50 anni di Pride – consigli di lettura

Domenica 28 giugno 2020 ricorre il cinquantesimo anniversario del primo Pride, tenutosi a New York nel 1970 per celebrare i Moti di Stonewall dell’anno precedente.

In occasione di questa ricorrenza, noi di VandA Edizioni vogliamo contribuire al sostegno della battaglia per i diritti LGBTQ+ con una lista dei nostri libri a supporto di questa causa.

  1. Innamorate“, di Chiara Aurora Giunta
    Francesca e Gaetana s’incontrano per caso e tra loro scoppia una passione travolgente. Un sentimento fuori dalle regole che coinvolge la loro vita e quella di chi le ama. Una storia moderna, uno spaccato della società che muta, la nascita di una famiglia non tradizionale. Tra menzogne e verità celate, emerge la storia segreta delle loro famiglie d’origine. In un gioco di specchi, le passioni di ieri e di domani si confrontano. Nulla e nessuno si salva, se non la speranza di un avvenire in cui i sentimenti e la tolleranza troveranno spazio.

2. “#ioquestamelasposo“, di Agata Baronello
È la cronaca vera di due anni di chat. Due anni di vita di una professionista semigiovane e dei suoi goffi tentativi di trovare una compagna –  la compagna. Ventiquattro mesi alla ricerca dell’“Amore”. Settecentotrenta giorni di speranze, di sesso a perdere, di mani, occhi e labbra che non si ricordano, di disastri annunciati, conquiste inattese e fallimenti straordinariamente ben riusciti.

3. “Basta che paghino“, di Alessandro Golinelli
Quando questo romanzo fu pubblicato, nel 1992, suscitò scandalo. Non solo perché raccontava senza falsi pudori la prostituzione maschile, ma anche perché, per la prima e ultima volta in Italia, la descriveva dall’interno, attraverso gli occhi di un ragazzo che vende il proprio corpo. La storia di Kurt, che si offre sulle strade di Milano con estrema consapevolezza e lucidità intellettuale, dei suoi incontri con clienti e colleghi, la sua curiosità nei confronti delle culture altre, rappresentate dai giovani brasiliani e arabi con cui condivide il lavoro, la sua spietata analisi delle leggi di quel mercato, trasformato in misura di tutte le cose, impongono il libro come una potente metafora dell’etica del commercio che domina i nostri tempi, ma soprattutto come un’incalzante costruzione narrativa, come il corrosivo ritratto di un mondo non tanto marginale quanto si potrebbe supporre.
Ambientato in un quotidiano notturno percorso da ragazzi e uomini maturi alla disperata ricerca di un amore impossibile da vendere e da acquistare. Basta che paghino è un romanzo di formazione al disincanto del mondo, alla perdita della purezza, all’inaccettabile vittoria dell’avere sull’essere.

4. “I miei meravigliosi amanti“, di Massimo Scotti
“Da giovani si scrive per cercare l’amore, da grandi per liberarsene; mi riferisco ovviamente a quel tipo di amore narcisistico che fa solo soffrire.
Un tempo scrivevo per sedurre, perché i miei grandi amori trovassero struggenti le poesie che avevo composto unicamente per loro, i quali d’altra parte non le hanno mai lette (non era gente molto interessata alla lettura). Le mie amiche, più sveglie, non perdevano tempo in madrigali. Infatti hanno raggiunto i loro scopi, in genere piuttosto concreti, mentre io mi accontentavo di aspettare, riempiendo quaderni.
Tutte quelle poesie sono rimaste inedite e forse è meglio così. Passate tante notti fra smanie inutili e superflue composizioni, arriva il tempo dei ripensamenti, si leggono autori come Dorothy Parker, regina del disincanto, e si scopre che su quei vecchi tormenti si può ridere un po’, cosa che non fa mai male.

5. “Maschiaccio“, di Liz Prince
Maschiaccio è una graphic novel che parla del rifiuto delle costrizioni di genere, ma anche di come del genere si possano involontariamente far propri gli stereotipi, per poi rendersi conto più avanti nella vita che si può essere una femmina sia in jeans e t-shirt che in tutù rosa. Autobiografia narrata per aneddoti, Maschiaccio segue Liz dalla primissima infanzia fino all’età adulta, esplorando le sue tribolazioni e i suoi desideri – in costante evoluzione – rispetto.

6. “La piccola principe“, di Daniela Danna
Possono i minorenni voler cambiare sesso? Da dove viene questa strana richiesta, dal momento che cambiare sesso non è realmente possibile? L’attuale confusione tra “sesso” e “genere” indotta dalla filosofia postmoderna, secondo la quale il mondo è un testo e la realtà materiale non ha alcuna importanza, sta dando una spinta potentissima alla normalizzazione delle nuove generazioni.
Se sei un bambino effeminato, diventerai bambina. Se sei un maschiaccio, allora sei “veramente” un ragazzo. Big Pharma ti sorride: ti venderà ormoni per tutta la vita.

7. “Trilogia SCUM“, di Valerie Solanas
Composta prima del risveglio della seconda ondata femminista degli anni Settanta, a cui ha fornito un impulso decisivo, e prima della rivolta di Stonewall e della nascita del movimento LGBTI e queer, l’opera di Solanas rivela tutta la sua straordinaria attualità. Un umorismo cinico, incendiario, a tratti sconcertante, si dispiega in una pratica di scrittura che sfugge a facili classificazioni letterarie e apre invece uno squarcio sulla “fogna” da cui la scrittrice fa recapitare il proprio messaggio. La sua verve polemica anticipa temi dibattuti ancora oggi, tra i quali l’uso della tecnologia (inclusa quella riproduttiva), l’esclusione delle donne dalla cultura, dall’arte, dalla scienza e dalle risorse economiche, il lavoro domestico non retribuito delle donne, il sessismo psichiatrico e la critica radicale all’eterosessualità obbligatoria.

8. “In culo a te“, di Valerie Solanas
Up Your Ass (In culo a te), che tanto terrorizzò il guru della provocazione Andy Warhol, è un atto unico che racconta la giornata di una giovane prostituta, Bongi Perez – spiritosa, lesbica, implacabile castigatrice delle dinamiche di potere uomo-donna a colpi di battute folgoranti, nonché palesemente alter ego della stessa Solanas – e della variegata fauna metropolitana con cui quest’ultima si trova a interagire: drag queen, marchettari più o meno sfortunati, attempati sporcaccioni, dinamici intellettuali, casalinghe disperate e ragazze emancipate. Di ognuno di essi Bongi, con esilarante e scanzonata puntualità, rivela idiosincrasie, paradossi e contraddizioni – non ultima la grottesca assurdità dei comportamenti tramite cui le donne passivamente adagiate su modelli patriarcali tentano di compiacere gli uomini.

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Le difensore dei diritti delle donne incarcerate da due anni – Michela Fontana

Michela Fontana

28 maggio 2020

Sono passati poco più di due anni da quando, il 15 maggio 2018, tredici attiviste saudite sono state incarcerate per le loro pacifiche lotte per il diritto alla guida dell’automobile (concesso dal re alle donne nel giugno successivo) e per la modifica della norma sul guardiano, che in Arabia Saudita ha potere assoluto sulla donna di cui è tutore.  Cinque di loro sono ancora in carcere , mentre otto sono state liberate, pur rimanendo tutte  in attesa di processo. Alcune di loro sono state torturate e sottoposte ad abusi. Lo ricorda un comunicato di Amnesty International  del 15 maggio scorso, dove l’organizzazione per i diritti umani chiede la scarcerazione delle attiviste e degli altri attivisti  che sono stati imprigionati nello stesso periodo. 

Durante la mia permanenza in Arabia Saudita, dal 2010 al 2013 ho  incontrato e intervistato tre delle attiviste incarcerate,  Eman al- Nafjan,  Aziza al- Yousef, Hatoon al-Fassi. Racconto le loro storie insieme a quelle di molte altre donne di diverse  estrazioni sociali ed esperienze di vita, nel mio libro Nonostante il velo ( VandA epubishing-Morellini ), premio Femminile Plurale di Allumiere 2018, attualmente in libreria nella versione riveduta.

Le loro testimonianze appassionate, a volte sconvolgenti,  fanno luce dall’interno su una società come quella saudita che considera le donne proprietà degli uomini e le priva di molti diritti elementari. Eman al-Nafjan è stata mia amica, preziosa  testimone  e compagna di viaggio  durante la nostra spedizione nella parte più conservatrice del paese dove anch’io dovevo girare con il viso interamente coperto. Poco dopo la mia partenza nel 2013, due delle donne che ho intervistato Roua e Omaima, sono fuggite dal paese, la prima ha trovato asilo politico in Canada la seconda in Italia,  che ha lasciato da poco per l’Irlanda.

Anche se a partire  dal 2018, l’erede al trono Muhammed Bin Salman, ha alleggerito alcuni divieti sociali, limitando tra l’altro  il potere della polizia religiosa  e ha concesso alle donne alcune libertà prima impensabili, come la possibilità di andare allo stadio con la famiglia e di viaggiare  senza il permesso del guardiano, l’Arabia Saudita rimane uno stato di polizia dove gli attivisti rischiano l’incarcerazione a vita o  la stessa vita, come il giornalista Jamal Khashoggi, barbaramente assassinato nel consolato saudita a Istanbul nel 2018. La strada per una vera emancipazione delle donne è ancora lunga e difficile.

Acquistate “Nonostante il velo. Donne dell’Arabia Saudita” di Michela Fontana qui.