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Novità – Sognando l’Europa

EUROPEE. L’ECONOMISTA PIERANGELO DACREMA: CON LA SUA LATITANZA SUI TEMI SOCIALI L’EUROPA  HA ALIMENTATO ESSA STESSA POPULISMI E SOVRANISMI

Il professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università della Calabria, autore di  Sognando l’Europa – Grande statista cercasi«I sovranismi non vinceranno, ma l’Europa ha tradito il suo mandato. Deve correre ai ripari e mettere al centro la giustizia sociale».

«Con le sue latitanze sulle grandi e drammatiche questioni sociali l’Europa ha alimentato essa stessa una forma di antieuropeismo e quindi i populismi e i sovranismi che attraversano come un vento freddo il Vecchio Continente». 
Lo dice il professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università della Calabria, Pierangelo Dacrema, autore di Sognando l’Europa – Grande statista cercasi(Edizioni All Around), libro che contiene anche un’intervista di Dacrema al sondaggista e studioso, Renato Mannheimer.

Per l’autore le prossime Europee rappresentano un snodo fondamentale per il futuro della Ue, ma il professore si dice convinto che «i populisti e i sovranisti non avranno il successo che sperano. Non basta baciare il rosario o alimentare campagne securitarie e anti immigrati per vincere. Ma, a maggior ragione – avverte Dacrema –  è ora che l’Unione europea, da troppo tempo orfana di grandi ideali, rilanci con forza il progetto europeo proprio per riconquistare i tanti antieuropeisti, che, in gran parte, non sono che europeisti delusi».
Per rinvigorire il progetto europeo, sostiene l’autore di Sognando l’Europa, «non si può che ripartire dall’equità, dal benessere diffuso dei suoi cittadini, dalla pace sociale, da politiche reali per combattere il dramma della disoccupazione».
Mentre L’Ue questi anni «ha contenuto il tasso di degrado della moneta, ovvero l’inflazione, entro il 2 per cento – la Bce ha di fatto come unico mandato la salvaguardia dell’euro –,  non si è preoccupata di contenere il tasso di degrado della società, cioè la disoccupazione, che colpisce pesantemente l’Italia  ma non risparmia, in ogni caso, la gran parte delle nazioni europee. Basti pensare che la cosiddetta locomotiva tedesca ha un tasso di disoccupazione che sta intorno al 7 per cento».
Insomma, l’economia ha prevalso sulla politica. E ora l’Europa «deve correre ai ripari: se vuole disarmare i populismi in agguato deve dare forza a una Europa diversa. Perché una cosa è certa, anche gli europeisti convinti non si accontentano certo dell’Europa di oggi».

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Libertà di prostituirsi?


di Mira Furlani, 16 maggio 2019


Sabato 11 maggio 2019 alle ore 18.00 mi sono sintonizzata sulla pagina facebook di Dialogo-Libreria delle donne di Milano, e ho ascoltato in streaming l’incontro intitolato Prostituzione: né sesso, né lavoro. L’incontro si basava sul testo Né sesso né lavoro. Politiche sulla prostituzione di Daniela Danna, Silvia Niccolai, Luciana Tavernini, Grazia Villa, pubblicato da VandA.epublishing.

L’incontro, che si svolgeva nella sede della Libreria delle donne, era condotto dalla giornalista Mariangela Mianiti che ha animato la discussione con due delle autrici: la curatrice e sociologa Daniela Danna e la costituzionalista Silvia Niccolai.

Sia gli interventi delle due autrici che il dibattito che ne è seguito sono stati estremamente interessanti. Mi ricordo che a un certo punto Luisa Muraro ha affrontato la questione della libertà di prostituirsi e nel rispondere all’intervento di una giovane donna presente all’incontro, Luisa ha detto che sì, la giovane interlocutrice era libera di prostituirsi, ma in privato. Non ricordo bene tutto il resto. Ho cercato di riascoltare lo streaming in differita, ma fra i video pubblicati su you tube nella pagina della Libreria, purtroppo ancora non è comparso.

Di questi tempi mi sono trovata spesso in difficoltà nel discutere con donne, giovani e meno giovani, del desiderio e della libertà di poter usare il proprio corpo a piacimento nella prostituzione. Una discussione del genere è stata difficile perfino con una mia parente che difendeva la libertà delle donne di prostituirsi secondo il proprio desiderio. Una posizione difficile da contrastare perché frutto dell’ideologia neoliberista della nostra epoca e che resta incomprensibile per quelle che, come me, hanno letto il libro di Rachel Moran (Stupro a pagamento. La verità sulla prostituzione, Ed. Round Robin). Così, non soddisfatta della risposta ascoltata nello streaming, ho deciso di scrivere a Luisa Muraro una mail facendole la seguente domanda:«Cara Luisa, mi puoi dire, in breve, in che senso una si può prostituire in privato? Mi pare che Rachel Moran abbia scritto che farlo in privato o pubblicamente è sempre stupro a pagamento».

Ecco la pronta risposta di Luisa Muraro:

«Cominciamo con l’impostazione del problema, che è sempre la cosa trascurata, essendo secondo me la prima se non la più importante mossa da fare per ragionare bene. Ci troviamo sulla scena politica di oggi, nessuna di noi si trova nella posizione di Rachel Moran, alla quale riconosciamo per altro una grande autorità in questo tema. Noi siamo in Italia, ci interessa (a me e altre) impedire la manomissione della legge Merlin (una eventualità che incombe) e ci sono giovani donne (incoraggiate da uomini politicamente impegnati, di sinistra) che reclamano pubblicamente la libertà di prostituirsi. Questione n. 1: che cosa reclamano queste giovani donne (esclusi ovviamente quelli/e che le citano strumentalmente), che cosa reclamano da me e dal femminismo critico verso la pratica sociale della prostituzione?

Cerco di capirlo e rispondo alla giovane donna con cui mi sto idealmente confrontando (è successo anche realmente): se tu vuoi mettere il tuo corpo a disposizione di qualcuno desideroso di fare sesso e disposto a pagarti, guarda che la legge non te lo impedisce. Non solo: se è questo che desideri, io ti dico di farlo. Sono una femminista che ha sempre difeso il desiderio femminile. La legge, d’altra parte, non te lo proibisce. Per parte mia aggiungo una sola cosa: ti chiedo di farlo con riservatezza, penso a te (fare sesso è qualcosa che non si esibisce, che sia gratis o a pagamento, come la masturbazione o altre attività erotiche) e penso a un altro aspetto della faccenda: se tu pretendi che la prostituzione sia riconosciuta dalla legge come un tuo diritto, cioè come un’attività commerciale al pari di tante altre, tu apri le porte al commercio dei corpi femminili, non solo, le apri anche al dovere che la legge ha di tutelare tutte le attività lecite. Apri cioè le porte ai bordelli, ai quartieri a luci rosse, alla pubblicità e a tutto quello che fa sentire a posto un uomo che mette le mani sul corpo di una donna qualsiasi, sentendosi autorizzato dal fatto che la paga. E faciliti così enormemente la tratta di donne costrette a prostituirsi. Tu puoi dire in buona fede: non è questo che voglio, ma è questo che capita. Perciò ti dico: realizza quello che desideri senza chiedere autorizzazioni (dalla legge o dall’autorità femminile) che non sono necessarie. A questo cambiamento di natura simbolica che, dietro alla finzione neoliberista della libertà, ci riporterebbe alla civiltà patriarcale, io mi oppongo. E ti chiedo di realizzare il tuo desiderio o il tuo bisogno con tutta la riservatezza possibile: lo chiede la pratica della sessualità non pornografica, lo chiede la politica delle donne. Ciao, Luisa.»

Ho avuto l’autorizzazione da Luisa Muraro di pubblicare questa sua risposta che io ho trovato chiara e realista e penso sia necessario e urgente farla conoscere. Bisogna che, in qualche modo, venga pubblicata e divulgata, fatta leggere a donne e uomini, giovani e meno giovani, a madri e a nubili e anche a uomini di buona volontà (ne esistono, per fortuna). È cosa urgente. Grazie a Luisa.

(www.libreriadelledonne.it,15 maggio 2019)


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Prostituzione: esiste la libera scelta?


di Giovanna Pezzuoli (27esima ora, 12 maggio 2019)


– «Nè sesso nè lavoro»

«Io non lo farei mai, ma se qualcuna vuole farlo perché proibirglielo?», «È una libera scelta, non bisogna essere giudicanti», «Si deve legalizzare, se stanno al chiuso sono più protette». Ebbene sì, stiamo parlando di quello che viene definito «il mestiere più antico del mondo» e dei luoghi comuni, slogan, semplificazioni, fraintendimenti, che accompagnano le politiche sulla prostituzione, messi in luce da un libro per molti aspetti chiarificatore, Né sesso né lavoro (VandA.ePublishing, 2019), firmato da quattro autrici, la sociologa Daniela Danna, la costituzionalista Silvia Niccolai, la storica Luciana Tavernini e l’avvocata Grazia Villa. Se ne è parlato l’altra sera in un vivace e affollatissimo dibattito alla Libreria delle donne di via Calvi 29, dove si notava la presenza anche di molte giovani. Tutte (e tutti, visto che non mancava qualche uomo) coinvolte nella riflessione su un fenomeno complesso, di recente ritornato all’attenzione delle cronache, sia per le sentenze delle Corti Costituzionali italiane e francesi che hanno respinto, nel primo caso (il 6 marzo) il ricorso contro l’incostituzionalità della legge Merlin, nell’altro (il 2 febbraio) il ricorso contro la «penalizzazione» dei clienti, prevista dal modello nordico o neo abolizionista, adottato anche in Francia, Irlanda, Irlanda del Nord, Canada, Islanda e Norvegia, e dal 2020 in Israele.

Altro evento recente, la consegna, il 10 aprile, al Parlamento olandese di una petizione, con 42 mila firme, contro l’attuale regolamentazione (case chiuse) e a favore dell’introduzione del modello svedese (che prevede appunto non punibilità della prostituta, la punibilità del cliente e percorsi di sostegno per chi esce dall’attività).

Il modello svedese toglie la donna che si prostituisce da una posizione di inferiorità, ha sottolineato Silvia Niccolai, come già faceva la legge Merlin (promulgata in Italia il 20 febbraio del 1958), che denunciava il concetto di fondo della prostituzione, ovvero che il denaro compri il consenso per l’accesso a un corpo, denaro che assolve e risolve in questa «Idra alla quale non si è mai tagliata la testa», il ruolo del cliente o «prostitutore». Ma Lina Merlin, una socialista, umanitaria, con una forte sensibilità per le ingiustizie del mercato, si interrogava sui compiti dello Stato. La domanda era: la prostituzione è una fonte di profitto che lo Stato intende incoraggiare?

Cominciamo dunque a non lucrare sulla vendita dei corpi, invece la narrazione diffusa è che si tratti di una legge moralista. Di fatto i giudici hanno spesso tradito la legge Merlin, prosegue l’autrice, rifacendosi al codice Rocco che lasciava le donne libere di prostituirsi ma puniva comportamenti come violenza, sfruttamento, «condotte disfunzionali» che danneggiavano le case chiuse. Lina Merlin invece chiude i bordelli, vietando lo sfruttamento economico della prostituzione, ma non qualifica come punibile l’attività della prostituta che ha diritto alla piena cittadinanza. Le interessa cancellare lo stigma. Del resto, aggiunge Luciana Tavernini, Lina Merlin prima di formulare la legge ha letto le testimonianze, spesso drammatiche e desolanti, di oltre duemila donne delle case chiuse, tra cui molte lettere (una selezione pubblicata nel 1955 è ora scaricabile dal sito della Fondazione Anna Kuliscioff). Che senso avrebbe dunque punire chi subisce violenza?

L’accusa di moralismo alla legge deriva dal fatto che impedirebbe alla donna che si prostituisce di trasformare la propria attività in un’impresa. Il focus della legge non è il comportamento della donna ma l’attività economica che si svolge attorno a lei. È interessante, nota Daniela Danna, il fatto che il discorso a favore delle sex workers, ovvero dell’idea che le prostitute siano lavoratrici del sesso tout court, non sia diffuso soltanto fra governanti di destra ma anche tra le giovani generazioni con visioni progressiste e radicali. Secondo la sociologa, è proprio l’obiettivo delle politiche neo liberali ridurre tutto a mercato, invadendo la sfera personale/sessuale, mentre la vita lavorativa subisce la progressiva erosione di ogni tutela. Con l’illusione di una libera scelta e di un allargamento dei diritti delle donne, tutti i rapporti umani finiscono per essere regolati dai mercati, come nella gravidanza per altri e nella compravendita di neonati.

La prostituzione non è il mercato del sesso, ma il «mercato dell’abuso», dice ancora Daniela Danna, l’asimmetria messa in luce dalla legge Merlin è il nocciolo della questione. Chi compie l’abuso? Ogni uomo che paga, è un consenso comprato. In questo senso è un passo in avanti il modello svedese che multa i clienti, un segnale che ci sono limiti a ciò che si può fare al corpo di un’altra.

Quanto alla libera scelta come parola d’ordine, è appassionato l’intervento di Marisa Guarneri, del Cadmi di Milano, che dalla sua esperienza con le donne maltrattate ha tratto la convinzione che in situazioni di forte violenza la libera scelta non esiste. Così nel dibattito sulla prostituzione parole come libertà e libertà di scelta sarebbero solo mine vaganti. La tematica della libera scelta fa parte del linguaggio utilizzato dai movimenti radicali che inconsapevolmente usano termini neo liberisti. La libertà non è scegliere fra due alternative concesse ma capire come realizzarsi sviluppando al meglio le proprie potenzialità.

Parlare di sex workers sembrerebbe un modo per ridare dignità alle «puttane», sottolinea Daniela Danna, ma non è così. In Australia dove la prostituzione nei bordelli è legale, tra i consigli dati alle prostitute c’è quello di non usare anestetici locali altrimenti «non vi potete rendere conto di quanto il cliente vi sta facendo male». Nella richiesta di essere riconosciuta come sex worker Luisa Muraro coglie il desiderio di avere un minimo di dignità. Ed è proprio quello che ha tentato di fare Lina Merlin, non punendo la prostituta ma impedendo che si costruisse un’industria, privata o di Stato, sul suo sfruttamento.

Daniela Danna, Silvia Niccolai, Luciana Tavernini e Grazia Villa«Nè sesso nè lavoro. Politiche sulla prostituzione»VandA.e Publishing 15.99 euro
Daniela Danna, Silvia Niccolai, Luciana Tavernini e Grazia Villa «Nè sesso nè lavoro. Politiche sulla prostituzione» VandA.e Publishing 15.99 euro

Ci accusano di essere «proibizioniste», dice ancora Danna, ma il proibizionismo vieta l’uso di sostanze, mentre qui si tratta dell’uso delle persone. È un’arma retorica contro l’abolizionismo, termine che non a caso evoca le lotte dei movimenti abolizionisti che volevano eliminare la schiavitù.

Ma che senso ha impegnarsi nella difesa di una legge, peraltro in Italia molto maltrattata ed elusa, si chiede infine Silvia Niccolai. Non si tratta tanto di dire com’è bella questa legge, quanto di raccoglierne l’eredità, riconoscendo la validità del principio che non si può regolamentare la sfera privata. Per quanto abbia letto con dolore il libro di Rachel Moran Stupro a pagamento. La verità sulla prostituzione, Silvia capisce ma non condivide la scelta di punire il cliente, che in fondo non fa altro che «comprare una finzione». Piuttosto serve una riflessione, uno sguardo di donna sulla prostituzione, come cerca di fare Luciana Tavernini, ripercorrendo i rapporti fra femministe e prostitute dall’inizio del Novecento (quando Ersilia Majno fondò a Milano l’Asilo Mariuccia per adolescenti «traviate») ad oggi, interrogandosi sul senso del lavoro ed esplorando nuove possibili alleanze tra lavoratrici e lavoratori e prostitute «perché combattere contro la prostituzione non significa combattere contro queste ultime, ma, come con lo schiavismo, lottare per la dignità del lavoro dipendente e di chi lo fa».

A completare il libro, l’avvocata Grazia Villa mette a confronto i 22 progetti di riforma della legge Merlin depositati in Parlamento nelle ultime due legislature e nell’attuale, cogliendo gli elementi comuni a posizioni politiche che sembrano proporre concezioni differenti dei rapporti fra i sessi.

Restano tuttavia aperte molte questioni, a partire dal dilemma che veniva formulato da Bia Sarasini nella riproposta, nel 2012, del libro Sesso al lavoro di Roberta Tatafiore: perché aumenta la domanda di rapporti sessuali a pagamento in un’epoca in cui le donne non sono più inaccessibili fortezze da espugnare? Ovvero, che cosa cerca oggi chi vuole comprare sesso? E ancora: è giusto definire prostituta chiunque venda l’integrità del proprio corpo per denaro? È possibile tracciare un confine netto fra donne per bene e malefemmine? Problemi che coinvolgono soprattutto le nuove generazioni, frastornate dalla continua offerta dei corpi femminili in uno spazio pubblico e simbolico interamente permeato dal sesso commerciale.

E qui si coglie meglio il senso di quella domanda Why not? formulata da giovani che vendevano i loro corpi a pagamento, alimentando un immaginario, certamente distorto ma diffuso, per esempio in film come Giovane e bella di François Ozon, con la storia della doppia vita della diciassettenne Lèa che partendo da una sessualità vissuta con disagio, sceglie di prostituirsi non per necessità, né per denaro ma quasi per curiosità o forse per gioco.


 

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Presentazione “Né sesso né lavoro”

 Né sesso né lavoro vuole fornire, un contributo indispensabile al dibattito su prostituzione/sex work in Italia. Un testo importante per chi vuole capire qualcosa in più sulla prostituzione e sfilare la testa dalla sabbia dei luoghi comuni, andare oltre slogan sempre più diffusi che, volendo sdoganare la questione, negano gravi problemi sociali e mentono spudoratamente. Il sex work non è un lavoro come un altro, il concetto stesso di sex work stravolge il senso sia del sesso sia del lavoro. Forti di competenze specifiche, le quattro autrici mostrano i differenti aspetti del fenomeno in un’analisi calata nella peculiare realtà dell’abolizionismo tradito nel nostro paese, dove la lotta alla tratta non è una priorità e dove sulla prostituzione vige il laissez faire. Dall’esame dei modelli di politiche internazionali all’analisi della Legge Merlin (male interpretata) e delle numerose proposte parlamentari di modifica della legge, all’appassionata riflessione sulla portata della prostituzione negli attuali rapporti umani.

Le autrici
Daniela Danna è sociologa all’Università del Salento e si occupa di questioni di genere, analisi dei sistemi-mondo, rapporto società-ambiente, decrescita.

Silvia Niccolai è ordinaria di diritto costituzionale all’Università di Cagliari.

Luciana Tavernini ha partecipato dagli anni Ottanta all’Associazione Melusine, alla Pedagogia della differenza e poi alla Comunità di pratica e riflessione pedagogica e ricerca storica, ora Comunità di storia vivente. Ha insegnato nelle scuole medie, nei corsi 150 ore e italiano a donne straniere.

Grazia Villa è dal 1985 avvocata per i diritti delle persone (donne, lavoro, minori, famiglia, vita indipendente, immigrazione, cittadinanza, libertà). Con le donne ha promosso molte cause pilota in materia di riconoscimento di diritti nei luoghi di lavoro, costituzione di parte civile nei processi di stupro e violenza sessuale, denunce relative a molestie e stalking, tra queste la prima condanna per reato di schiavitù nel 2000.


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Daniela Danna a Pescara


Pescara, 18 maggio 2019


– Daniela Danna presenta Dalla parte della natura

 

In un dialogo “a tu per tu” con l’umanità, la Natura, in una sorta di personalizzazione letteraria, “ci parla”, affrontando tematiche nevralgiche della nostra odierna civiltà: equilibrio ambientale, disuguaglianza sociale, predominio delle multinazionali, visione libera della sessualità. Con un approccio ecofemminista, questo breve ma fulminante pamphlet attacca il sistema capitalista e patriarcale caratterizzato dalla supremazia maschile, dove donne, animali e ambiente appartengono a categorie analoghe, considerate come proprietà e beni da dominare e sfruttare. E anche se noi esseri umani siamo parte della Natura, questo mondo ha tracciato un solco cosi profondo tra noi e lei, da renderla non solo estranea, ma addirittura ostile nemica. Queste semplici pagine sono un invito a conoscerla meglio, allo scopo di rispettarla. E in questo processo, cambiare noi, smettendo di modificare lei.

 

Daniela Danna è sociologa e si occupa di questioni di genere, analisi dei sistemi-mondo, rapporto società-ambiente, decrescita. Le sue ultime pubblicazioni sono Fare un figlio per altri è giusto… (Falso)! (Laterza, 2017), Maternità. Surrogata? (Asterios, 2017), La Piccola Principe (VandA ePublishing 2018), Il peso dei numeri: Teorie e dinamiche della popolazione (Asterios, 2017). Vi aspetta sul sito Web  www.danieladanna.it.


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La materia sapiente del relativo plurale – Bologna

Autocoscienza 4.0

A Bologna finalmente la possibilità di creare un gruppo di autocoscienza

Armonie via E. Levante 138, Bologna

Sabato 13 aprile h 16

Presentazione del libro La materia sapiente del relativo plurale di e con Daniela Pellegrini

“La vita è Felicità da reciproci plurimi contatti.” Con queste parole Daniela Pellegrini conclude il suo ultimo libro, ma per arrivare a questa sintesi del rapporto con la vita che coinvolge tutte noi sono state necessarie 120 pagine di riflessione appassionata e puntuale, che si nutre di una vita intera passata nel movimento delle donne, dentro, a lato, da un punto di osservazione o di coinvolgimento intenso, di confronto o di scontro con le altre donne. Un percorso di filosofia femminista che si chiude riaprendosi come una spirale, rilanciando e offrendo a tutte la possibilità di espandersi e arricchire il disegno. Protagonista è sempre la materia, la realtà e la corporeità, interrogata da un pensiero di donna autentico e onesto, di profonda consapevolezza e limpida visione.

Domenica 14 aprile h 10-16
Autocoscienza 4.0: esperienziale in presenza

Da sempre sostenitrice della necessità dell’autocoscienza come strumento per uscire dalla gabbia patriarcale interiorizzata, Daniela Pellegrini continua a proporla come uno dei pochi metodi di liberazione autentica delle donne, in grado di avvicinarle a quella liberazione di cui non si parla più tanto, se non con le parole dell’incensamento di un’epoca di femminismo diffuso. Ma rimane il fatto che quella liberazione si è interrotta precocemente e che l’autocoscienza che tanto aveva contribuito a dare il via al movimento delle donne negli anni ’60, è stata abbandonata. La proposta è quella di riattivarla e di esplorarne le potenzialità in un epoca di grande confusione e smarrimento, e indagare, dopo quarant’anni di femminismo, quanto sia ancora problematico e irrisolto il rapporto con il maschile anche e soprattutto per le donne che si considerano emancipate, ma che scoprono di non aver mutato di molto i paradigmi relazionali che le imprigionano nel patriarcato. Lungi dall’essere morto, il sistema di dominio maschile ha elaborato trappole ancor più raffinate per avvalersi del nostro sostegno. Insieme a Daniela Pellegrini cercheremo ancora una volta di ritrovare quel parlarsi in presenza tra donne che potrebbe ancora offrire percorsi di consapevolezza e di liberazione.

Daniela Pellegrini Fondatrice a Milano nel 1965 del primo gruppo italiano di donne: Dacapo (Donne contro autoritarismo patriarcale o anche Donne a Capo) in seguito modificato in Demau (Demistificazione Autoritarismo Patriarcale). Nata a Belluno nel 1937, vive a Milano dove, insieme a Nadia Riva è stata animatrice del Circolo Culturale e Politico delle Donne, Cicip & Ciciap, da loro fondato nel 1981. Con Nadia Riva ha voluto, gestito e finanziato la rivista Fluttuaria, segni di autonomia nell’esperienza delle donne, di cui sono stati pubblicati diciassette numeri tra il 1987 e il 1994 e su cui appaiono molti suoi scritti. I suoi libri sono: Una donna di troppo. Storia di una vita politica ‘singolare’, Franco Angeli Editore, Liberiamoci della bestia, ovvero di una cultura del cazzo, edito in proprio, e La materia sapiente del relativo plurale, Vandaepublishing. Ripropone ora e agisce personalmente, anche in un gruppo che si incontra alla Casa delle Donne di Milano, la pratica dell’Autocoscienza e perora il Separatismo come azione fondante e creativa della Politica delle Donne e della sua vera autonomia dal patriarcato.

È richiesta iscrizione e un contributo libero per la sala e l’organizzazione.
Per informazioni e conferma presenza: Luisa 3408386192 – matriarcato@gmail.com


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Intervista a Daniela Pellegrini


di Giorgia Succi (Ai Amazones, 27 marzo 2019)


In questa quarta intervista targata Ai Amazones Giorgia dialoga con Daniela Pellegrini, femminista radicale, fondatrice del primo gruppo italiano di autocoscienza femminile nel 1964 (Dacapo poi Demau). Animatrice insieme a Nadia Riva del Circolo Culturale e Politico delle Donne, Cicip & Ciciap fondato dalle stesse nel 1981. Autrice di ‘Una donna di troppo. Storia di una vita politica singolare’(2012), ‘Liberiamoci della Bestia. Ovvero di una cultura del cazzo’ (2016) e ‘La materia sapiente del relativo plurale. Ovvero il luogo terzo delle parzialità’ (2017). Discutiamo di matriarcato, autocoscienza, separatismo e lesbismo politico, dello stato costante di violenza e manipolazione patriarcale e di femminismo contemporaneo. Un’intervista imperdibile di una donna e una pensatrice lucida e fiera nella sua analisi del mondo.

‘E i cosiddetti e auto-detti religiosi e credenti [..] hanno nascoste, ammutolite ed escluse le donne – quando non hanno approfittato dei loro linguaggi e azioni per rendersi belli e accettati dalle masse ingenue. Nello sfruttarle e farle sfruttare a loro piacimento. Hanno escluso le donne proprio perchè ‘femmine’, rifiutate e impedite a partecipare in prima persona di questa divinità di loro ‘maschia’ e boriosa competenza, se non nell’obbedire e nel genuflettersi  [..] hanno però salvato la Madonna che non sarà un caso se è ‘vergine’ ma con figlio maschio e nutrito al seno’ (Daniela Pellegrini, Liberiamoci della Bestia. Ovvero di una cultura del cazzo: 2016)

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“Manifesti femministi” a Milano

Vi aspettiamo alle 18 alla Libreria Antigone!

Interviene la curatrice

Con

Daniela Pellegrini e Carlotta Cossutta

Il volume raccoglie testi composti in Italia, in Francia e negli Stati Uniti (alcuni di questi tradotti per la prima volta) dalle più attive rappresentanze del femminismo radicale dalla seconda metà degli anni Sessanta alla seconda metà degli anni Settanta del XX secolo. “Radicale”, a partire dal ‘68 e fino alla fine degli anni Settanta, fu soprattutto il “soggetto imprevisto” del femminismo. Il manifesto politico è il genere che meglio si presta a restituire la complessità di quella straordinaria stagione che segnò la presa di coscienza delle donne, attraverso un drastico ripensamento delle relazioni tra loro e della forza che da questo deriva. Riletto attraverso i suoi manifesti, il femminismo radicale sconvolge la banalizzazione corrente di ciò che è stato per riconsegnarci la testimonianza della sua verità e un’immagine in movimento di ciò che potrebbe essere.

 

Deborah Ardilli ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia Politica presso l’Università di Trieste, è traduttrice e studiosa di teoria politica e storia dei movimenti femministi. Attualmente collabora con il “Laboratorio Anni Settanta” dell’Istituto Storico di Modena. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: Trilogia SCUM. Scritti di Valerie Solanas, edizione curata insieme a Stefania Arcara e pubblicato da VandAePublishing e Morellini Editore.

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Distruggi La Mia Vagina!


dal blog di Marina Terragni (19 marzo 2019)


La foto è pubblicata sul profilo social delle Wagga Feminist.

La ragazza è un’under 20 anni italiana –si vede dal cartello stradale sullo sfondo, può essere Roma o Milano-, sta partecipando alla manifestazione per l’ambiente, quella ispirata da Greta per capirci.

Lo slogan sul cartello dice: “Distruggi la mia vagina, non il mio pianeta”.

Il linguaggio è quello della pornografia corrente, perfettamente introiettato, pervade tutto e può venire buono anche per la lotta ambientalista.

Il sesso come allegra distruzioneIl corpo non è più tempio di nulla, è in assoluta discontinuità con la natura: quella va salvata, la vagina no. Ecco il tipo di sesso che ti rende libera.

Sesso violento=femminismo=libertà. Pochi gradi di separazione con il sex work che è work, un lavoro come un altro, un’opzione, una possibilità.

Qualche commento delle Wagga Feminist:

So sad. The terminology she is using is so anti-women. Sex being synonymous with destruction“. (Che tristezza. Usa termini così anti-donne. Il sesso che diventa sinonimo di distruzione)

Basically this sign says “rape me, not my planet” which is horrific”. (Di fatto questa scritta significa: stupra me, non il mio pianeta, cosa orribile)

Utterly tragic and reprehensible that we have allowed the brainwashing of girls to this degree“. (Assolutamente tragico e riprovevole aver permesso il lavaggio del cervello delle ragazze fino a questo punto)

“Destroy patriarchy, not the world nor human body parts” (E’ il patriarcato che va distrutto, non il mondo o parti del corpo umano).

Concentrate on what they are teaching in schools to our young girls!!” (Pensate a quello che insegnano a scuola alle ragazzine!!)

La mattina di 8 marzo a Milano un’arcinota trans sex-worker, attivista della Lega e fervida testimonial della proposta salviniana di riaprire i bordelli, si è confrontata a lungo con studenti delle medie nel corso del presidio indetto da Non Una di meno. Ecco per esempio che cosa stiamo insegnando alle ragazzine.

Il medium è il messaggio: più che le posizioni sulla prostituzione e sulla legge Merlin -Nudm la vuole smontare, depenalizzando il favoreggiamento– conta il fatto che il tema sex-work si sia saldamente piazzato al centro del femminismo.

C’è da pensarci attentamente: perché prostituzione e immaginario pornografico pretendono di stare al cuore del discorso femminista? Come mai quello che può essere nato come gioco trasgressivo, facciamo-che-io-ero (una prostituta) spinge per consolidarsi come paradigma di libertà femminile, e di qui a dare corpo a iniziative politiche a tutto vantaggio del colossale business del mercato prostituente? (i suoi lobbisti stanno ovunque, allungano le mani su molte Ong, associazioni filantropiche, perfino su Amnesty International: leggete il libro-inchiesta di Julie Bindel “Il mito Pretty Woman”, appena pubblicato da VandA).

Qualcuna è in grado di spiegarcelo?

Mi domando anche se non ci fosse nessuna buona maestra, accanto a quella ragazzina. Nessuna che le abbia chiesto: “Perché porti quel cartello? Perché chiedi che la tua vagina venga distrutta? Non sai che il male che viene fatto al mondo e quello che viene fatto al tuo corpo sono la stessa cosa?”.

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Ragazze di Catania ieri e oggi

– VandA.ePublishing è lieta di presentare Maria Recupero della pescheria di Chiara Aurora Giunta

 

Maria è un’indomita siciliana di trentatré anni, abbandonata dal marito senza un soldo, con sei bambini a carico e un’incombente minaccia di sfratto, che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e con le unghie e con i denti, una buona dose di sfacciataggine e un po’ di fortuna riesce a costruire un futuro per lei e per i suoi figli, alla faccia delle malelingue e di tutte le difficoltà di una terra maledetta. Fra drammi familiari, amori improbabili, mille avversità e l’introvabile eredità di uno zio d’America, la vita di Maria e dei suoi figli si snocciola giorno dopo giorno, pagina dopo pagina fra gioie, dolori, pianti e risate e un vocio di sottofondo, quello del popolo, della povera gente di una Catania degli anni ’60 disastrata ma appassionata, dove la vita vince sempre su tutto, fino a un provvidenziale                                               quanto casuale lieto fine.

 

Chiara Aurora Giunta, catanese d’origine, vive e lavora a Milano. I suoi primi romanzi sono del genere rosa, poi si è dedicata al racconto storico e ai saggi per ragazzi. Ha pubblicato “Partita d’amore” (Mondadori, 1996), “Il mio amore ti salverà” (Mondadori, 2000), “Imparerò ad amarti” (Mondadori, 2001), “Aélis” (Neri Pozza, 2003), “Il velo di Agata” (Neri Pozza, 2008). È inoltre autrice del saggio storico per ragazzi, “Rumoroso Risorgimento” (Salani, 2005).

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Intervista a Deborah Ardilli


(Radio Vanloon, 9 marzo 2019)


Femminismo, i suoi manifesti

La donna non va definita in rapporto all’uomo. Su questa coscienza si fondano tanto la nostra lotta quanto la nostra libertà (Manifesto di Rivolta femminile, 1970)

Nella settimana dell’8 marzo Radio Vanloon ha ripercorso i manifesti del femminismo radicale degli anni Settanta con Deborah Ardilli, traduttrice e studiosa dei movimenti. Con lei hanno visto alcune delle particolarità degli scritti del femminismo italiano e i suoi collegamenti con quello statunitense e francese.

Qui l’intervista.


 

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Manifesti femministi – Feminism2

sabato 9 marzo alle ore 15

Casa Internazionale delle Donne, via della Lungara 19, Roma

Nell’ambito della fiera dell’editoria delle donne FEMINISM,

presentazione del volume

MANIFESTI FEMMINISTI
Il femminismo radicale attraverso i suoi scritti programmatici (1964-1977)

a cura di Deborah Ardilli
(VanderWomen: una coedizione VandA ePublishing – Morellini Editore)

Interviene la curatrice

Presenta
Barbara Bonomi Romagnoli, giornalista e saggista

Con letture di Nadia Spicuglia Franceschi

Il volume raccoglie testi composti in Italia, in Francia e negli Stati Uniti (alcuni di questi tradotti per la prima volta) dalle più attive rappresentanze del femminismo radicale dalla seconda metà degli anni Sessanta alla seconda metà degli anni Settanta del XX secolo. “Radicale”, a partire dal ‘68 e fino alla fine degli anni Settanta, fu soprattutto il “soggetto imprevisto” del femminismo. Il manifesto politico è il genere che meglio si presta a restituire la complessità di quella straordinaria stagione che segnò la presa di coscienza delle donne, attraverso un drastico ripensamento delle relazioni tra loro e della forza che da questo deriva. Riletto attraverso i suoi manifesti, il femminismo radicale sconvolge la banalizzazione corrente di ciò che è stato per riconsegnarci la testimonianza della sua verità e un’immagine in movimento di ciò che potrebbe essere.

 

Deborah Ardilli ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia Politica presso l’Università di Trieste, è traduttrice e studiosa di teoria politica e storia dei movimenti femministi. Attualmente collabora con il “Laboratorio Anni Settanta” dell’Istituto Storico di Modena. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: Trilogia SCUM. Scritti di Valerie Solanas, edizione curata insieme a Stefania Arcara e pubblicato da VandAePublishing e Morellini Editore.

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VandA a Feminism

VandA.ePublishing partecipa alla seconda edizione della Fiera dell’editoria delle donne che si terrà a Roma dall’8 al 10 marzo.

 

venerdì 8 marzo alle ore 18

presentazione del volume fresco di stampa, in pubblicazione il 5 marzo
NE’ SESSO NE’ LAVORO. Politiche sulla prostituzione

di Daniela Danna, Silvia Niccolai, Luciana Tavernini e Grazia Villa
(VanderWomen: una coedizione VandA ePublishing – Morellini Editore)

Un incontro importante per chiarirsi le idee su qualcosa che, anche noi donne,
“facciamo finta di non vedere”.

Intervengono le autrici
Daniela Danna, sociologa
Silvia Niccolai, costituzionalista

Presenta
Anna Rosa Buttarelli, filosofa e saggista

Il volume esce tempestivamente nello stesso giorno della discussione della Consulta in Italia per fornire un contributo indispensabile al dibattito su prostituzione/sex work in Italia. Forti di competenze diverse e specifiche, le quattro autrici mostrano i differenti aspetti del fenomeno. Il sex work non è un lavoro come un altro, e il concetto stesso di sex work stravolge il senso sia del sesso sia del lavoro. Il testo descrive la portata culturale della prostituzione nei rapporti odierni tra i sessi, e le radici antiche dei dibattiti attuali, approfondendo la conoscenza dei modelli di politiche internazionali, con un focus sui paesi in cui i modelli proposti per uscire dall’abolizionismo della legge Merlin sono stati realizzati, passando all’analisi di questa bella e trascurata legge e delle modalità della sua applicazione, per concludere on le proposte presentate da i parlamentari e i partiti che vogliono modificarla o stravolgerla.

sabato 9 marzo alle ore 15

presentazione del volume

MANIFESTI FEMMINISTI
Il femminismo radicale attraverso i suoi scritti programmatici (1964-1977)

a cura di Deborah Ardilli
(VanderWomen: una coedizione VandA ePublishing – Morellini Editore)

Interviene la curatrice

Presenta
Barbara Bonomi Romagnoli, giornalista

Con letture di Nadia Spicuglia Franceschi

 

Il volume raccoglie testi composti in Italia, in Francia e negli Stati Uniti (alcuni di questi tradotti per la prima volta) dalle più attive rappresentanze del femminismo radicale dalla seconda metà degli anni Sessanta alla seconda metà degli anni Settanta del XX secolo. “Radicale”, a partire dal ‘68 e fino alla fine degli anni Settanta, fu soprattutto il “soggetto imprevisto” del femminismo. Il manifesto politico è il genere che meglio si presta a restituire la complessità di quella straordinaria stagione che segnò la presa di coscienza delle donne, attraverso un drastico ripensamento delle relazioni tra loro e della forza che da questo deriva. Riletto attraverso i suoi manifesti, il femminismo radicale sconvolge la banalizzazione corrente di ciò che è stato per riconsegnarci la testimonianza della sua verità e un’immagine in movimento di ciò che potrebbe essere.

Casa Internazionale delle Donne, via della Lungara 19, Roma


 

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Julie Bindel – Libreria delle donne

– VandA.ePublishing insieme a Morellini editore è lieta di presentare Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione di Julie Bindel

Julie Bindel parteciperà il 9 marzo all’incontro Miti e lobby della prostituzione presso la Libreria delle Donne di Milano.

Vi aspettiamo!


 

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Nè sesso nè lavoro – Feminism2

venerdì 8 marzo alle ore 18

Casa Internazionale delle Donne, via della Lungara 19, Roma

Nell’ambito della fiera dell’editoria delle donne FEMINISM,

presentazione del volume fresco di stampa, in pubblicazione il 5 marzo

NE’ SESSO NE’ LAVORO
Politiche sulla prostituzione

di Daniela Danna, Silvia Niccolai, Luciana Tavernini e Grazia Villa

Un incontro importante per chiarirsi le idee su qualcosa che, anche noi donne, “facciamo finta di non vedere”.

Intervengono le autrici

Daniela Danna, sociologa

Silvia Niccolai, costituzionalista

Presenta
Anna Rosa Buttarelli, filosofa e saggista

 

 Né sesso né lavoro. Politiche della prostituzione esce tempestivamente nello stesso giorno della discussione della Consulta in Italia per fornire un contributo indispensabile al dibattito su prostituzione/sex work in Italia.
Forti di competenze diverse e specifiche, le quattro autrici mostrano i differenti aspetti del fenomeno. Il sex work non è un lavoro come un altro, e il concetto stesso di sex work stravolge il senso sia del sesso sia del lavoro. Il testo descrive la portata culturale della prostituzione nei rapporti odierni tra i sessi, e le radici antiche dei dibattiti attuali, approfondendo la conoscenza dei modelli di politiche internazionali, con un focus sui paesi in cui i modelli proposti per uscire dall’abolizionismo della legge Merlin sono stati realizzati, passando all’analisi di questa bella e trascurata legge e delle modalità della sua applicazione, per concludere on le proposte presentate dai parlamentari e i partiti che vogliono modificarla o stravolgerla.

 

Daniela Danna è sociologa all’Università del Salento e si occupa di questioni di genere, analisi dei sistemi-mondo, rapporto società-ambiente, decrescita.
Silvia Niccolai è ordinaria di diritto costituzionale all’Università di Cagliari. È autrice del saggio Femminismo ed esperienza giuridica. A proposito del ritorno di un’antica regula iuris.
Luciana Tavernini ha partecipato all’Associazione Melusine e fin dagli anni Ottanta alla Pedagogia della differenza. Per anni si è occupata con Marina Santini delle iniziative della Libreria delle donne-Circolo della Rosa di Milano.
Grazia Villa è avvocata per i diritti delle persone. Con le donne ha promosso molte cause pilota in materia di riconoscimento di diritti nei luoghi di lavoro, costituzione di parte civile nei processi di stupro e violenza sessuale, denunce relative a molestie e stalking.

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Julie Bindel @Rimini

– VandA.ePublishing insieme a Morellini editore è lieta di presentare Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione di Julie Bindel

Julie Bindel parteciperà l’8 marzo, giornata dedicata alle donne, all’incontro I miti della prostituzione. Le donne parlano della violenza maschile presso il Teatro degli Atti di Rimini.

 

Il commercio internazionale del sesso è al centro di uno dei dibattiti più accesi a livello mondiale, e non solo fra le femministe e gli attivisti per i diritti umani. Per decenni la sinistra liberale ha oscillato fra il pro-sex work e l’abolizionismo. Ma oggi le donne che hanno vissuto la violenza della prostituzione hanno preso la parola contro la favola di Pretty Woman, la “puttana felice”, dando vita a un movimento globale che sta portando avanti una battaglia a favore del Modello nordico, l’unico modello legislativo che protegge i diritti umani delle persone prostituite.

Julie Bindel, giornalista britannica, rinomata per le sue inchieste, si è occupata di fondamentalismo religioso, violenza contro le donne, maternità surrogata, commercio di mogli ordinate su catalogo, tratta di esseri umani e delitti insoluti. Scrive regolarmente per The Guardian, NewStatesman, Truthdig, Standpoint Magazine, e collabora con la BBC e Sky News. È stata visiting journalist alla Brunel University London e ora fa parte del comitato di www.byline.com

 

Vi aspettiamo!


 

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Lectio magistralis – Julie Bindel

 

Vanda.ePublishing con Morellini editore, in collaborazione con

Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, presenta

 

LECTIO MAGISTRALIS

di Julie Bindel

 

autrice de

IL MITO PRETTY WOMAN

Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione

(VandA ePublishing-Morellini Editore, in libreria da febbraio 2019)

 

mercoledì 6 marzo alle ore 18.30, viale Pasubio 5 a Milano

 

La prima e unica indagine mondiale sulla prostituzione, completa, audace, coraggiosa, che sfata il mito del sex work.

Perché la prostituzione non è lavoro, ma abuso a pagamento

 

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In un momento chiave della lotta contro l’abuso sulle donne, portata a clamore mondiale con il movimento #metoo, particolarmente attuale è la battaglia contro il tentativo di legalizzare lo sfruttamento sessuale chiamandolo “lavoro”.  In Francia farà storia la recentissima decisione del Consiglio Costituzionale che ha sancito la costituzionalità, messa in discussione, della legge emanata nel 2016 che introduceva la criminalizzazione dell’acquisto di sesso. In Italia il tema verrà affrontato il 5 marzo quando la Consulta dovrà pronunciarsi sulla costituzionalità della legge Merlin, fortemente difesa da molte associazioni femministe al grido di  #IosonoLinaMerlin

 

A sostegno di questa battaglia, in un tour italiano di varie tappe, la giornalista inglese Julie Bindel, scrittrice e militante politica di fama mondiale, terrà una lectio magistralis il 6 marzo alle 18.30 in Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, nell’ambito delle attività legate al libro e alla lettura BookLab. Fondatrice dell’associazione “Justice for women”,  e autrice del volume  Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzionepubblicato in Italia da VandA.ePublishing con Morellini editore, la prima indagine globale sulla prostituzione, con dati e testimonianze raccolti in 40 paesi, città e stati fra Europa, Asia, Nordamerica, Australia, Nuova Zelanda e Africa.

 

Tradotto da Resistenza femminista, che da anni dà voce alle sopravvissute alla prostituzione lottando contro l’industria del commercio sessuale, il volume raccoglie 250 interviste che Julie Bindel ha realizzato visitando bordelli legali, conoscendo‘papponi’, pornografi e sopravvissute alla prostituzione, incontrando femministe abolizioniste, attivisti pro-sex work, poliziotti, uomini di governo e uomini che “vanno a puttane”, con l’obiettivo di sfatare il falso mito del sex workla prostituzione non è un lavoro ma un abuso a pagamento.

 

Il commercio internazionale del sesso è al centro di uno dei dibattiti più accesi a livello mondiale, non solo fra le femministe e gli attivisti per i diritti umani. Oggi le donne che hanno vissuto la violenza della prostituzione hanno preso la parola contro la favola di Pretty Woman, la “puttana felice”, dando vita a un movimento globale che sta portando avanti una battaglia a favore del Modello nordico, l’unico modello legislativo che protegge i diritti umani delle persone prostituite.

 

Una battaglia che ha come maggiore antagonista la potente e ben finanziata lobby pro-prostituzione, costituita principalmente da proprietari di bordello, agenzie di escort e compratori di sesso, il cui intento è ridurre la prostituzione a un “lavoro come un altro”, occultando la violenza subita dalla donna e trasformando gli sfruttatori in imprenditori, allo scopo di decriminalizzare l’industria del sesso e proteggere il “diritto” dei compratori ad abusare dei corpi delle donne. Basti pensare – sottolinea Bindel nell’introduzione – a come per dare un “aspetto pulito e rispettabile” al commercio sessuale sia cambiato il linguaggio che lo descrive, per cui i papponi sono diventati “manager”, le donne prostitute “sex workers” e lo stupro “un rischio del mestiere”.

 

Le interviste raccolte ne Il mito Pretty Woman rivelano le bugie di una mitologia tesa a truccare gli interessi di un’attività criminale fra le più redditizie a livello globale. Come evidenzia Julie Bindel, il commercio sessuale risulta ormai comunemente accettato, a partire dalla ricorrente affermazione che “la prostituzione è necessaria, inevitabile e innocua. Oggi più che mai è dunque necessario promuovere una campagna contro la normalizzazione dello sfruttamento, della proprietà di bordelli e dell’acquisto di sesso.

 


 

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Julie Bindel @Napoli

– VandA.ePublishing insieme a Morellini editore è lieta di presentare Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione di Julie Bindel

Julie Bindel parteciperà il 4 marzo all’incontro Prostituzione. Quale libertà?, precedendo di poche ore la decisione della Corte Costituzionale sulla costituzionalità della legge Merlin.

 

Il commercio internazionale del sesso è al centro di uno dei dibattiti più accesi a livello mondiale, e non solo fra le femministe e gli attivisti per i diritti umani. Per decenni la sinistra liberale ha oscillato fra il pro-sex work e l’abolizionismo. Ma oggi le donne che hanno vissuto la violenza della prostituzione hanno preso la parola contro la favola di Pretty Woman, la “puttana felice”, dando vita a un movimento globale che sta portando avanti una battaglia a favore del Modello nordico, l’unico modello legislativo che protegge i diritti umani delle persone prostituite.

Julie Bindel, giornalista britannica, rinomata per le sue inchieste, si è occupata di fondamentalismo religioso, violenza contro le donne, maternità surrogata, commercio di mogli ordinate su catalogo, tratta di esseri umani e delitti insoluti. Scrive regolarmente per The Guardian, NewStatesman, Truthdig, Standpoint Magazine, e collabora con la BBC e Sky News. È stata visiting journalist alla Brunel University London e ora fa parte del comitato di www.byline.com

 

Vi aspettiamo alla Sala Santa Maria La Nova, Napoli, il 4 marzo!


 

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Novità – Né sesso né lavoro

Proprio in questo ultimi mesi di febbraio/marzo 2019 si sta giocando la costituzionalità della legge abolizionista, messa in discussione. In Francia il primo febbraio il Consiglio Costituzionale si è
pronunciato a favore, sancendone la costituzionalità! Possiamo sperare nello stesso risultato per l’Italia? Il 5 marzo sarà discussa di fronte alla Consulta la costituzionalità della legge Merlin. Ci auguriamo che l’Italia come la Francia si opponga al tentativo di legalizzare lo sfruttamento sessuale chiamandolo “lavoro” e che la legge Merlin non si tocchi!
Né sesso né lavoro. Politiche della prostituzione esce tempestivamente nello stesso giorno della discussione della Consulta in Italia per fornire un contributo indispensabile al dibattito su prostituzione/sex work in Italia. Forti di competenze diverse e specifiche, le quattro autrici mostrano i differenti aspetti del fenomeno. Il sex work non è un lavoro come un altro, e il concetto stesso di sex work stravolge il senso sia del sesso sia del lavoro. Il testo descrive la portata culturale della
prostituzione nei rapporti odierni tra i sessi, e le radici antiche dei dibattiti attuali, approfondendo la conoscenza dei modelli di politiche internazionali, con un focus sui paesi in cui i modelli proposti per uscire dall’abolizionismo della legge Merlin sono stati realizzati, passando all’analisi di questa bella e trascurata legge e delle modalità della sua applicazione, per concludere on le proposte presentate da i parlamentari e i partiti che vogliono modificarla o stravolgerla.

Daniela Danna è sociologa all’Università del Salento e si occupa di questioni di genere, analisi dei sistemi-mondo, rapporto società-ambiente, decrescita.
Silvia Niccolai è ordinaria di diritto costituzionale all’Università di Cagliari. È autrice del saggio Femminismo ed esperienza giuridica. A proposito del ritorno di un’antica regula iuris.
Luciana Tavernini ha partecipato all’Associazione Melusine e fin dagli anni Ottanta alla Pedagogia della differenza. Per anni si è occupata con Marina Santini delle iniziative della Libreria delle donne-Circolo della Rosa di Milano.
Grazia Villa è avvocata per i diritti delle persone. Con le donne ha promosso molte cause pilota in materia di riconoscimento di diritti nei luoghi di lavoro, costituzione di parte civile nei processi di stupro e violenza sessuale, denunce relative a molestie e stalking.