
Il 2 aprile 2022 Global project ha pubblicato l’intervista a Deborah Ardilli tenutasi a Book Pride durante il panel “Editoria femminista: l’importanza di mettersi in rete”.
Per leggere l’intervista clicca QUI
Il 2 aprile 2022 Global project ha pubblicato l’intervista a Deborah Ardilli tenutasi a Book Pride durante il panel “Editoria femminista: l’importanza di mettersi in rete”.
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Dal 4 al 6 ottobre VandAedizioni ha partecipato a Book Pride 2022.
Durante l’evento “Editoria femminista: l’importanza di mettersi in rete”, in collaborazione con Enciclopedia delle Donne e Al3vie, è intervenuta l’autrice e traduttrice Deborah Ardilli, storica del femminismo. Nella sua brevissima lezione ha raccontato il femminismo della seconda ondata attraverso alcune delle autrici simbolo del catalogo VandA, da lei tradotte, svelando i retroscena delle prossime uscite di giugno e settembre de Il nemico principale 1. Economia politica del patriarcato, di Christine Delphy e Il corpo lesbico, di Monique Wittig.
Le nostre editore Angela Di Luciano e Ilaria Baldini, insieme a Raffaella Polverini, Rossana Di Fazio e Margherita Marcheselli, sono state intervistate da Gemini Network per Radio Sherwood.
Potete ascoltare la loro intervista qui.
Il 24 febbraio 2022 Elle magazine ha stilato una lista di cinque libri che spiegano il femminismo: tra questi spicca Manifesti femministi. Il femminismo radicale attraverso i suoi scritti programmatici (1964-1977), a cura di Deborah Ardilli.
Di seguito riportiamo un estratto:
Manifesti femministi a cura di Deborah Ardilli è un libro dedicato sia a chi fa attivismo che a chi si sta avvicinando adesso alla causa femminista. Risponde alla domanda cos’è il femminismo radicale, spesso associato ad una forma di estremismo, facendo un viaggio nei movimenti femministi della seconda ondata, dagli anni Sessanta fino alla fine degli anni Settanta. Attraverso i brani del libro si ripercorre la vita del movimento del femminismo radicale, che dalla sua nascita ha analizzato le cause della disparità di genere, trovandole nella società patriarcale e nel capitalismo.
Trovi l’articolo completo QUI
Deborah Ardilli ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia Politica presso l’Università di Trieste, è traduttrice e studiosa di teoria politica e storia dei movimenti femministi. Attualmente collabora con il “Laboratorio Anni Settanta” dell’Istituto Storico di Modena.
Oggi è stata pubblicata sul sito de Il Fatto Quotidiano un’interessante recensione attualizzante di Elogio dei corpi delle donne di Gloria Steinem scritta da Deborah Ardilli, storica del femminismo e curatrice del volume.
“Appartiene alla definizione stessa di donna all’interno di una società patriarcale l’esposizione a un destino di oggettivazione sessuale che, per compiersi, necessita di una manipolazione corporea adibita a rendere visibile e palpabile la differenza — ovvero, fuor di eufemismi, la gerarchia economica, politica e sociale — tra i sessi.”
da: Elogio dell’insubordinazione: Gloria Steinem e i corpi delle donne (40 anni dopo) di Deborah Ardilli su Il Fatto Quotidiano
Per leggere l’intero articolo, clicca QUI!
Oggi, venerdì 2 aprile, non perdetevi questo incontro dedicato solo a VandA! Alle ore 18.00, connettetevi al webinar in diretta sulla pagina Facebook di DonneXDiritti.
Al link qui sotto, l’articolo di Feministpost.it!
a cura di Deborah Ardilli
Che cosa è stato il femminismo radicale? Perché ha trovato in tutto il mondo un canale di espressione privilegiato? Attraverso quali linguaggi ha presto forma? Quali tabù hanno dovuto essere infranti per lasciare venire a galla quello che Carla Lonzi nel 1971 avrebbe battezzato come il «soggetto imprevisto»?
Il nuovo saggio di Deborah Ardilli, “Manifesti femministi”, è un’occasione per conoscere e interrogarsi sul femminismo radicale attraverso i suoi scritti programmatici (1946-1977).
Leggine un estratto…
“Che cosa è stato il femminismo radicale? Perché ha trovato in tutto il mondo un canale di espressione privilegiato (ancorché non esclusivo” nella gemmazione multipla di manifesti firmati ora collettivamente, ora individualmente? Attraverso quali linguaggi ha preso forma quella singolare combinazione di insubordinazione e tensione utopica che ha alimentato il rinnovamento del movimento femminista negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso? Quali tabù hanno dovuto essere infranti per lasciare venire a galla quello che Carla Lonzi nel 1971 avrebbe battezzato come il «soggetto imprevisto»? Fino a che punto le femministe si sono riconosciute nella prescrizione lonziana di «muoversi su un altro piano» rispetto alle forme del conflitto sociale innervate dalla dialettica signoria-servitù e animate prevalentemente da collettività maschili? E fino a che punto hanno invece avvertito la necessità di un intervento puntuale nella storia, in forza dell’estensione della dialettica servo-padrone al territorio inesplorato delle classi di sesso? Quali resistenze è stato necessario vincere per poter strappare il velo di naturalità che avvolgeva (e in larga parte continua ad avvolgere) il rapporto di genere? […] Sono queste alcune delle domande che potrebbero orientare la lettura dei testi confluiti nella raccolta che avete tra le mani.
Ti è piaciuto questo libro? Lo trovi qui: Manifesti femministi, a cura di Deborah Ardilli
di Clotilde Barbarulli (Il Manifesto Le monde diplomatique, giugno 2019)
MANIFESTI FEMMINISTI
Il femminismo radicale attraverso i suoi scritti
programmatici (1964-1977)
Deborah Ardilli (a cura di)
VandAePublishing/Morellini (2018) 15.90 euro
Il libro raccoglie, con una interessante introduzione, una selezione di testi del femminismo radicale dalla seconda meta degli anni Sessanta alla seconda metà degli anni Settanta in Italia, Francia e Stati Uniti, per offrire supporti testuali alle più giovani così da ricostruire una trama significativa di pensieri nel percorso politico delle donne. Il manifesto, fra rabbia politica e proiezione utopica, si presta a restituire l’articolazione di quella stagione, attraversata da diverse correnti e segnata dalla presa di coscienza delle donne, il soggetto imprevisto, che prende forza dalle relazioni fra donne. L’implicazione logica della rivolta delle donne è che la loro condizione può essere modificata, che il rapporto sociale che le definisce come la natura, il sesso, la differenza, l’alterità complementare all’uomo, può essere sovvertito. Se l’orizzonte è comune, la varietà delle posizioni rappresentate mette in luce che il femmininismo radicale è una modalità storicamente e geograficamente situata «di pensarsi, di agire e di pensare il propria agire». Il significato di radicale slitta dall’ambito della controcultura e della nuova sinistra al movimento di liberazione delle donne che rifiutano di considerare la propria oppressione come una ricaduta secondaria delle contraddizioni di classe, e che riconoscono l’impossibilità sociale dell’uguaglianza all’interno di un sistema etero-patriarcale. Così se una giovane americana era considerata radicale quando apparteneva alla frastagliata area dell’attivismo studentesco per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam, successivamente la radicalità si riferisce al movimento delle donne perché prende le distanze dalle organizzaioni femminili di impronta emancipazionista, staccandosi dalla militanza mista. Ardilli ritiene giustamente importante far conoscere il passato – restituendo «un minimo di respiro storico» ai ragionamenti oltre la «densa coltre di sentito dire» – e mettere così in luce la complessità del rovesciamento di prospettiva di quegli anni.
(L’Adige, 20 gennaio 2019)
– In un libro di Deborah Ardilli i manifesti teorici degli anni Settanta
Fu una stagione incredibile, quella del femminismo radicale, che scosse l’Italia fin dai suoi fondamenti valoriali perché aprì contraddizioni dentro la famiglia e nel rapporto con il maschio.
Un decennio importante quello degli anni ‘70 da studiare affrontando anche quelli che furono i testi teorici, i manifesti, alla base delle azioni delle femministe radicali alla ricerca di un nuova società. Anche dentro e contro la nuova sinistra in cui erano nate e che le voleva tutto sommato come una «costola» dei movimenti, ignorando invece la loro alterità.
Ma è proprio mettendo insieme i pezzi del pensiero femminista che la modenese Deborah Ardilli ha ricostruito i fondamenti di teorie che partono dai primi anni Sessanta e ha ricucito un percorso, ricavandone un libro per la Morellini editore , Manifesti femministi. Il femminismo radicale attraverso i suoi scritti programmatici (1964-1977), (pagine 299, 15,90 euro). Il merito di Ardilli è quello di ricostruire un pensiero che attraversa l’Italia partendo dagli Stati Uniti e approdando in Francia.
I testi esprimono una forza radicale e utopistica dirompente che oggi ai nostri occhi appare desueta o inattuabile, ma che ha avuto una sua ragion d’essere. Soprattutto la forza stava in un concetto espresso chiaramente da Rivolta femminile nel 1970: «La donna non va definita in rapporto all’uomo».
Il libro gode di una corposa introduzione della curatrice, una utile guida alla lettura e alla comprensione. Ne esce anche con forza il ruolo in Italia di Rivolta femminile, di cui faceva parte Dacia Maraini e quello del Cerchio Spezzato, gruppo trentino che sarà alla base di molte riflessioni e che forse oggi ci appare ricco anche di ingenuità. Era animato da Silvia Motta, Luisa Abbà, Elena Medi, Gabriella Ferri e un maschio, Piergiorgio Lazzaretto, che produrranno un libro nel 1972, La coscienza di sfruttata che era in realtà la tesi di laurea di gruppo discussa nel 1970 a Sociologia sotto la direzione di Giovanni Arrighi.
Ardilli mette giustamente in guardia da alcune propensioni che già allora furono causa di discussione dentro il movimento, come l’indicare in una causa biologica la causa di un’oppressione sociale. Ma quel che conta è che gli effetti furono dirompenti, perché Il «Cerchio Spezzato» spiazzava anche la nuova sinistra, rifiutando la centralità dello scontro tra le classi, o meglio, mettendo al centro il problema dei sessi e dello sfruttamento della donna anche nella vita quotidiana e famigliare.
Insomma, tempi che oggi ci sembrano lontani, ma non possiamo ignorare che se si è riconsiderato il ruolo della donna fu anche grazie a quelle battaglie che erano prima di tutto intellettuali.
Firenze, 11 gennaio 2019 ore 19
– VandA.ePublishing e Morellini Editore presentano Manifesti femministi a cura di Deborah Ardilli.
Torna in libreria Deborah Ardilli con il nuovo saggio Manifesti femministi. Il femminismo radicale attraverso i suoi scritti programmatici (1964-1977) co-edito in collaborazione con Morellini Editore. L’autrice ne parla con Barbara Bonomi Romagnoli, giornalista e scrittrice di femminismo ed ecologia, e Carla Fronteddu, insegnante di studi di genere e autrice.
Con la sua peculiare combinazione di rabbia e proiezione utopica, il manifesto politico è il genere che meglio si presta a restituire la complessità di quella straordinaria stagione che segnò la presa di coscienza delle donne, attraverso un drastico ripensamento delle relazioni tra loro e della forza che da questo deriva. Riletto attraverso i suoi manifesti, il femminismo radicale sconvolge la banalizzazione corrente di ciò che è stato per riconsegnarci la testimonianza della sua verità e un’immagine in movimento di ciò che potrebbe essere.
Una polifonia di voci che attraversa l’oceano e presenta una varietà di posizioni e che ancora oggi fanno riflettere sullo stato delle donne in tutto il mondo.
“Radicale”, a partire dal ’68 e fino alla fine degli anni Settanta, fu soprattutto il “soggetto imprevisto” del femminismo.
Con la sua peculiare combinazione di rabbia e proiezione utopica, il manifesto politico è il genere che meglio si presta a restituire la complessità di quella straordinaria stagione che segnò la presa di coscienza delle donne, attraverso un drastico ripensamento delle relazioni tra loro e della forza che da questo deriva.
Riletto attraverso i suoi manifesti, il femminismo radicale sconvolge la banalizzazione corrente di ciò che è stato per riconsegnarci la testimonianza della sua verità e un’immagine in movimento di ciò che potrebbe essere.
Deborah Ardilli ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia Politica presso l’Università di Trieste, è traduttrice e studiosa di teoria politica e storia dei movimenti femministi. Attualmente collabora con il “Laboratorio Anni Settanta” dell’Istituto Storico di Modena. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: Trilogia SCUM. Scritti di Valerie Solanas, edizione curata insieme a Stefania Arcara e pubblicato da VandAePublishing e Morellini Editore.
Vi aspettiamo alla Biblioteca Fiesolana 2b, via Fiesolana 2b, Firenze.
di Benedetta Sangirardi (F Magazine, 28 dicembre 2018)
– Sessismo: che cos’è? È la domanda che ha fatto più tendenza su Google nel 2018. Qualcosa sta cambiando?
Intervista a Deborah Ardilli
Ricercatrice indipendente. Il suo ultimo libro è Manifesti femministi (Morellini Editore con VandAePublishing).
Il movimento delle donne è ripartito. Ma i nostri diritti vanno difesi
Che cos’è per lei il sessismo?
«Un termine equivoco. Se ne parla per indicare discriminazioni nate dal pregiudizio ai danni delle donne. Ma attenzione: la disuguaglianza di genere non è solo una questione di mentalità. Non basta fare piazza pulita dei pregiudizi per veder rimosse anche le discriminazioni. Chi lo crede, temo abbia un approccio idealista e poco attento alla realtà».
Ci fa un esempio?
«Nel mondo 76 donne su 100 devono prendersi cura di genitori e figli, spesso da sole e naturalmente gratis. Possiamo pensare basti ribaltare qualche pregiudizio perché queste donne abbiano accesso a un mercato del lavoro retribuito e facciano carriera quanto i colleghi maschi?».
Nel 2018 si è parlato molto di sessismo. È cambiato qualcosa?
«Non so se l’opinione pubblica si sia davvero svegliata dal torpore: difficilmente le femministe accedono ai grandi mezzi di comunicazione. Al contrario, si è moltiplicata in tv la platea degli esperti di questioni di genere che non hanno competenze».
Però il movimento delle donne, oggi, è più attivo che mai.
«È vero, da almeno due anni viviamo una sua fase di ripresa su scala globale, trainata dalle mobilitazioni in America Latina e dal MeToo. Ma ci sono anche tante regressioni. Non è un caso che siamo costrette a difendere ciò che abbiamo conquistato, come il diritto all’aborto che qualcuno periodicamente mette in discussione».